È proseguito con l’audizione di numerosi colleghi di lavoro della persona offesa il processo per stalking contro un cittadino sudanese, A.E., denunciato da una giovane operatrice della cooperativa che l’aveva accolto.
La donna, dipendente del consorzio La Valdocco di Mondovì, aveva parlato in una precedente udienza della vera e propria ossessione maturata nei suoi confronti dall’imputato. L’africano all’epoca faceva parte del progetto Siproimi (l’ex Sprar, attuale Sai) e svolgeva un tirocinio presso un bar in città, dopo essere stato ospitato in precedenza a Villanova Mondovì. Di lui, già sposato in patria, tutti gli operatori della cooperativa e i mediatori conservano un buon ricordo: “Ero stata colpita dal fatto che leggesse le Fiabe di Mandela, conosceva la situazione del suo Paese. Era una persona cosciente del suo stato di rifugiato, cosa che in altre persone ho colto poco” ha raccontato una collega della querelante.
Nessun problema nel periodo che aveva trascorso in accoglienza, fino a fine 2021. Se non, appunto, quell’attenzione sempre più morbosa nei confronti della ragazza, culminata in molestie anche fisiche, telefonate a tutte le ore e pedinamenti. Il culmine, ha riferito lei, sono le 1487 chiamate ricevute in una notte d’agosto, per giunta sul cellulare di servizio che teneva con sé per assicurare la reperibilità. “Per due anni il nostro è stato un rapporto normale, sebbene lui avesse problemi di convivenza con gli altri ospiti” ha spiegato in aula la donna. Poi la svolta: “Diceva che era intenzionato a sposarmi e nel caso avrebbe lasciato sua moglie. È arrivato a chiedermi di mettere al mondo una figlia per lui, di cui aveva perfino già immaginato il nome”. Inutile il tentativo di riportare i rapporti sul piano professionale. Il sudanese, titolare di un permesso di protezione internazionale, era stato allontanato da Mondovì e dalla sua “ossessione”, ma aveva mantenuto gli stessi atteggiamenti: “La presenza del ragazzo attorno agli uffici era costante e lei era molto scossa” conferma la coordinatrice del progetto Sprar.
Sebbene il giovane non si mostrasse minaccioso, tutti i colleghi si erano attivati per proteggere l’operatrice, accompagnandola quando arrivava o usciva dall’ufficio e cercando di tenere A.E. a distanza. “Lui la aspettava per le scale e lei era visibilmente spaventata e piangeva” aggiunge la coordinatrice, alla quale erano stati riferiti anche i due episodi in cui l’uomo aveva palpeggiato la dipendente: “Non è mai stato aggressivo in mia presenza ma molto agitato, a volte anche molto triste”. Prima che si arrivasse alla denuncia, il consorzio Valdocco aveva fornito alla ragazza un tracker per inoltrare una chiamata automatica, qualora si fosse sentita minacciata: “Dopo essere stato bloccato, aveva trovato il nuovo numero di lei. Faceva chiamare anche da persone che conosceva o da sconosciuti che incontrava per strada”.
“Mi sento ancora in pericolo” ha ammesso la persona offesa nella sua audizione. Nei confronti del sudanese era stato emesso un divieto di avvicinamento, la cui violazione ha comportato in seguito il divieto di dimora esteso a tutta la provincia di Cuneo e tuttora in vigore. Il 9 luglio sono previsti il completamento dell’istruttoria e la discussione del caso.