I carabinieri intervenuti il 13 agosto 2019 in quella borgata del comune di Villanova Mondovì hanno parlato di “profonde incomprensioni tra i vicini” che si protraevano ormai da anni.
Oggetto della disputa una divergenza di interpretazioni circa la validità dei diritti di passaggio che un accordo notarile avrebbe assicurato ai vicini di casa di L.M., classe 1958, proprietario di un fondo insieme a suo fratello. L’uomo si è trovato a processo con imputazioni di minaccia aggravata e calunnia a seguito dell’episodio avvenuto nell’agosto di due anni fa: uno dei vicini, in particolare, lo accusava di averlo rincorso con una mazza da fabbro dopo avergli urlato ingiurie e minacce.
La versione della parte offesa è stata confermata da altri due vicini, madre e figlio, che affermavano di aver visto L.M. seguire a passo sostenuto l’altro uomo, brandendo con due mani un pesante martello. Uno dei testimoni, le cui proprietà di famiglia confinano con gli immobili di L.M., ha affermato: “Nel primo pomeriggio ero solo con mia madre, quando ho cercato di accedere al mio fondo L.M. mi si è parato davanti dicendomi ‘zingaro di m., se passi ti spacco le gambe’. Avevo deciso allora di prendere un’altra strada”. Pochi minuti dopo però era tornato indietro dopo aver sentito uno strano picchettio: “L.M. stava conficcando paletti di ferro nel terreno, del genere di quelli che si usano sui cantieri. L’obiettivo era impedire all’altro nostro vicino di passare in auto, altrimenti gli si sarebbero forate le gomme”.
Dal successivo diverbio fra i due, ha aggiunto il testimone, sarebbe scaturita la minaccia. L’imputato, fotografato da uno dei vicini con la mazza in mano, ha comunque negato di aver mai espresso intenti di aggressione. Sarebbe stato lui, al contrario, a sorprendere la parte offesa nell’intento di “picchettare” il terreno di confine e ad essere poi ingiuriato. Per questi fatti L.M aveva formulato a sua volta una querela, ritenuta falsa dalla Procura che ha poi aggiunto al capo d’imputazione originario anche l’accusa di calunnia.
Il sostituto procuratore Pier Attilio Stea aveva chiesto per l’imputato la pena di due anni e due mesi, ritenuto colpevole di entrambe le ipotesi di reato: “La sua versione - ha argomentato il procuratore - è smentita oltre che dai testi dalla foto che lo ritrae mentre aveva una mazza in mano: la lite nasce in quel momento. Nella controdenuncia, inoltre, ha sostenuto che vi fosse una congiura di tutti per addebitargli fatti inesistenti: la calunnia viene posta in essere al solo fine di evitare l’attribuzione del primo reato”. Per l’avvocato Mario Vittorio Bruno, all’opposto, “lascia interdetti l’ipotesi che una persona che aveva subito un’operazione all’anca pochi mesi prima potesse correre brandendo una mazza con due mani, contro qualcuno che scappa a gambe levate. Non c’è prova documentale del reato”.
Il giudice Marcello Pisanu, al termine dell’istruttoria, ha condannato L.M. per la sola imputazione di minaccia a due mesi di reclusione con pena sospesa, assolvendolo per l’altro capo d’accusa.