SAN MICHELE MONDOVÌ - Sonniferi nella pappa per recuperare un gattino randagio: i Forestali la denunciano per maltrattamenti

La disavventura di una donna a San Michele Mondovì. Ora si trova a processo: “Ma io volevo solo salvarlo dalla strada” racconta al giudice

Redazione 23/09/2024 16:45

A fare una buona azione non sempre si viene ricompensati e, qualche volta, si finisce perfino davanti al giudice. È successo a una signora di San Michele Mondovì, accusata di maltrattamenti su un animale: proprio lei che con gli animali lavorava, gestendo una piccola pensione per cani.
 
La vicenda di cui è protagonista però non riguarda la sua attività professionale, bensì un episodio risalente all’aprile di due anni. Tutto inizia con la telefonata di una vicina di casa ai carabinieri, per segnalare un fatto insolito: “Dalla finestra ho visto una signora camminare lungo la strada con qualcosa in mano: mi sono incuriosita e l’ho seguita con lo sguardo. Ho notato che poggiava qualcosa nell’erba, sul ciglio della strada. Sono andata sul posto e ho visto una busta di plastica, con sopra una pappetta di colore bianco”. La testimone ha precisato di aver riconosciuto la sua vicina, con la quale non aveva particolari rapporti e su cui non nutriva sospetti: “Ma io possiedo un cane ed ero preoccupata”.
 
Sugli accertamenti svolti in seguito dai carabinieri forestali di Mondovì ha riferito il maresciallo Stefano Ambrosio. La pappa, riconosciuto come una possibile esca avvelenata, era stata da loro prelevata e portata in esame all’istituto zooprofilattico di Cuneo. Ne è emerso che conteneva clotiapina, il principio attivo di un farmaco per uso umano venduto con il nome commerciale di Entumin. Un comune sonnifero, che la sospettata ha subito ammesso di avere in casa e che era in effetti stato ritrovato. La signora ha anche spiegato, prima ai carabinieri e poi al giudice, il motivo per cui il sedativo si trovasse nella pappa: “Da due giorni vedevo girare un gattino intorno a casa, era sempre in mezzo alla strada. Era un affarino piccolo così e io non riuscivo a prenderlo, passavano le auto ed era preoccupata. Per questo ho messo le gocce nella pappetta, poi sono riuscita a buttargli addosso un asciugamano e a prenderlo”.
 
Il micino, ha aggiunto la signora, appariva affamato e in difficoltà: “Avrà avuto sì e no un mese: qualcuno lo avrà buttato sul ciglio della strada come fanno sempre, perché sanno che in zona c’era il canile. Era molto debilitato”. La storia, almeno per il gatto, ha avuto un lieto fine: dopo essere stato rifocillato, spulciato e sverminato, il piccolo è stato affidato a una coppia di amici della sua soccorritrice che lo ha adottato. Resta l’amarezza per l’epilogo, inevitabile a parere del maresciallo: “L’uso di farmaci a uso umano sugli animali - ha precisato - è un’eccezione basata su due presupposti: deve esserci una patologia che crea sofferenza e non deve esistere un farmaco veterinario analogo per la cura della patologia”. In questo caso, secondo il militare, “il solo ritrovamento qualificava quella pappa come un’esca ed era già una violazione. È stato appurato tramite il veterinario che, se somministrato da persone inesperte con dosaggi inappropriati, il farmaco può provocare controindicazioni, soprattutto se l’animale ha altre patologie”.
 
Una conclusione contestata da una veterinaria chiamata come consulente di parte della difesa, secondo la quale gli eventuali effetti collaterali non vanno oltre un lieve stordimento. Il processo continuerà l’8 ottobre.

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