MONDOVÌ - Un suo dipendente fu ucciso in Brasile, imprenditore monregalese accusato di essere il mandante

La procura di Cearà ha aperto un fascicolo a carico di Guido Bertola e di due brasiliani. I fatti la sera del 18 febbraio 2019

Alban Gropcaj

a.d. 27/04/2022 10:12

La procura di Cearà, Brasile, ha aperto un fascicolo a carico di Guido Bertola, imprenditore di Mondovì. Il monregalese è accusato di essere il mandante dell’omicidio di Alban Gropcaj, ventottenne albanese, di cui era datore di lavoro. I fatti nella serata del 18 febbraio 2019 a Caucaia, nella regione metropolitana di Fortaleza: Bertola e Gropcaj, in auto, erano stati fermati da due rapinatori in sella ad una moto, uno dei quali aveva estratto una pistola uccidendo il giovane.
 
Inizialmente Bertola era stato considerato estraneo ai fatti, ma ora secondo la magistratura brasiliana la sua posizione è cambiata: sarebbe lui, secondo gli inquirenti, il mandante dell’omicidio.
 
Il Dipartimento di Giustizia brasiliano ha rilasciato un comunicato stampa sul caso, dopo la denuncia contro un italiano (Bertola) e due brasiliani emessa dal Pubblico Ministero dello Stato di Ceará il 20 aprile scorso. Si legge nella nota: “Nell'incidente non è stato preso nulla, il che escluderebbe una rapina. Dalle indagini è emerso anche che l'auto guidata dall'italiano era parcheggiata, in linea retta, con le porte chiuse, vicino al marciapiede, e non si è udita alcuna frenata al momento dell’arrivo degli assassini. Risulta, quindi, che l'italiano abbia parcheggiato il veicolo in attesa dei malviventi. Secondo le indagini, la vittima non aveva nemici in Italia, tanto meno in Brasile, poiché si trovava a Caucaia solo da quattro giorni. Testimoni hanno anche affermato che il verificarsi di rapine notturne nel quartiere non è comune”.
 
Sembra che quella cena sia stata un mero pretesto per portare fuori di casa l'albanese e dare così l'opportunità di ucciderlo in strada, in un luogo poco trafficato, cercando di inscenare una rapina finita male. L'imputato ha attirato la vittima a Caucaia, credendo nella fallacia della giustizia brasiliana, poiché non ha potuto giustiziarlo in territorio italiano, temendo il rigore delle leggi della sua terra”, precisa nella stessa nota il pm Jairo Pequeno Neto. Secondo gli inquirenti il movente sarebbe da ricercare in non meglio precisati "interessi finanziari".

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