Si trova a processo per omissione di atti d’ufficio il direttore del Servizio di igiene e sanità pubblica dell’Asl Cn 1, Domenico Montù, a seguito della denuncia presentata da un’infermiera di Mondovì che aveva richiesto un’integrazione delle informazioni sul vaccino anti-Covid.
Il gup Cristiana Gaveglio ha respinto la richiesta di archiviazione che la Procura di Cuneo aveva presentato dopo le indagini, avviate contro ignoti, per l’ipotesi di abuso d’ufficio. Nell’ordinanza con cui il giudice ha disposto l’imputazione coatta del dirigente sanitario si dà atto che la richiesta d’informazioni supplementari avanzata dall’infermiera “era finalizzata ad esprimere un consenso realmente informato rispetto ad una situazione individualizzata, ovviando così al ricorso a moduli dal contenuto generico, identico per qualsiasi vaccinando, senza distinzioni, senza riferimenti alle caratteristiche peculiari della specifica situazione, alle condizioni di salute ed all'età, senza informazioni dettagliate che possano dirsi idonee a fornire la piena e reale conoscenza della natura, della portata ed estensione dell'intervento sanitario, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative”.
Analoghe considerazioni erano state svolte dal gip Alberto Boetti in riferimento a un fascicolo parallelo, poi archiviato da un altro giudice dello stesso ufficio, Sabrina Nocente. Secondo l’interpretazione giuridica avallata da Gaveglio e Boetti, “un consenso non dettagliato e non ‘tarato’ sulla specifica situazione del paziente non può ritenersi legittimo, come a più riprese espresso anche dalla giurisprudenza civile della Corte di Cassazione”. Tale esigenza appare ancor più comprensibile “alla luce dei preoccupanti dati sulla quantità e sulla serietà degli effetti avversi, non esclusi quelli gravi e persino letali, che emergono dai periodici rapporti A.I.F.A. sulla sorveglianza dei vaccini Covid19”. La stessa Agenzia del Farmaco ha classificato i vaccini anti-coronavirus come “ricetta ripetibile limitativa”, ovvero “medicinali la cui prescrizione o la cui utilizzazione è limitata a taluni medici o a taluni ambienti”.
Non modifica le circostanze di fatto, a giudizio dei magistrati, il fatto che l’infermiera appartenesse a una categoria per la quale la somministrazione del vaccino era “fortemente raccomandato” dal legislatore, tanto che la querelante venne in effetti sospesa dalla professione sanitaria. Alla sua istanza il datore di lavoro oppose secondo il gup “un silenzio ingiustificabile”: il tema, si ammonisce, non può però essere derubricato a “una questione di natura puramente burocratica rispetto all’obiettivo di una indiscriminata vaccinazione della popolazione generale”, trattandosi di “sieri allo stato soggetti ad autorizzazione in via condizionata, per i quali è quindi tuttora in corso la verifica sull’idoneità a fornire benefici per la salute umana maggiori rispetto ai rischi per la stessa”.
Di fronte al tribunale collegiale si è tenuta prima udienza del procedimento a carico del dottor Montù, dove l’infermiera è costituita parte civile con l’avvocato Rocco Sardo. Il dirigente sanitario è difeso dagli avvocati Luciano Aimar e Andrea Carpinelli, gli unici ad aver presentato una lista testi. Verranno ascoltati a marzo 2024.