Perfino nel giorno più bello hanno dovuto fare i conti con l’ombra di
una persecuzione durata anni interi:
“Hanno presenziato i carabinieri perché lei prometteva di ‘fare un macello’” ha raccontato in aula una 42enne di Manta, autrice insieme al marito, 39enne saluzzese, della denuncia che ha portato a processo P.D., residente a Verzuolo, con accuse di molestia, ingiuria e minaccia.
Il quadro che la coppia ha descritto al giudice è fatto di pedinamenti in auto, insulti urlati in pubblico, telefonate di minaccia anche nel cuore della notte e sul posto di lavoro. Tutto questo si sarebbe protratto per l’arco di un quindicennio, da quando i due erano soltanto fidanzati, e perfino nel periodo in cui si erano trasferiti ad Acceglio, in valle Maira: “Arrivavano decine di chiamate e messaggi di minaccia al giorno, - ha raccontato l’uomo - al punto che ho dovuto cambiare numero. Quando ho gestito un ristorante il telefono non smetteva di suonare, non riuscivo nemmeno a rispondere alle prenotazioni”. Un’amica della 42enne ha detto di aver assistito di persona a una di queste telefonate minatorie: “La mia amica aveva messo il viva voce, per minuti interi ho sentito solo minacce, insulti e improperi di vario genere. Lei era molto preoccupata anche perché viveva a casa da sola in quel periodo”. La donna aveva anche cominciato a bloccare le chiamate di P.D. ma lei aveva preso a telefonarle con un altro numero. Oltre a questo, in un’occasione si sarebbe presentata davanti alla sua abitazione prendendo a calci e pugni la porta e urlando offese.
Sul movente di queste azioni gli autori della denuncia, costituitisi parti civili nel processo con l’avvocato Luca Martino, non hanno saputo fornire spiegazioni certe: pare che P.D. si fosse invaghita dell’uomo, conosciuto intorno al 2005, e accusasse la compagna di averglielo “portato via”. Una tesi confermata anche dalla madre dell’imputata e da un suo amico, che hanno entrambi smentito le minacce: “Contro di lei solo ingiurie e cattiverie da parte della coppia”. Per l’avvocato difensore Andrea Racca a scatenare la reazione di P.D. sarebbe stato il tentativo dell’altra donna di indirizzare su di lei le attenzioni del centro di salute mentale saluzzese: “È venuta da me lamentando il comportamento di P.D., che seguivamo come paziente” ha confermato uno psichiatra del centro, aggiungendo di aver chiesto e ottenuto l’autorizzazione a riferire queste doglianze alla diretta interessata.
Il pubblico ministero Gianluigi Datta aveva chiesto per P.D. la condanna a un anno di reclusione. Il giudice ha fissato la pena in otto mesi di reclusione e 7mila euro di danni per ciascuna parte civile per le molestie e la minaccia. L’ipotesi di ingiuria, non più prevista come reato dal codice penale, è invece caduta.