Un bambino di quattro o cinque anni trovato infreddolito in un giardino pubblico, una mamma e un fratello - poco più che maggiorenne - che ora devono rispondere dell’accusa di abbandono di minore. È accaduto in un piccolo centro del Saluzzese nel marzo di due anni fa, quando la famiglia - italiana, proveniente da un’altra regione - era già seguita da tempo dai servizi sociali.
“Siamo stati chiamati da una mamma che conosceva la situazione: lei è conosciuta da tutti in paese” ha confermato una dipendente del consorzio Monviso Solidale, rievocando l’accaduto. La prima ad essere avvisata era stata la baby sitter del bambino, a sua volta madre di una bambina che frequentava l’asilo: “Sono stata chiamata da una signora, mi ha detto che lei e altre erano nei pressi del parco della scuola elementare e avevano trovato il piccolo. Siccome avevano detto che avrebbero chiamato i carabinieri risposi che sarei venuta io, per evitare che lui potesse preoccuparsi”.
Il bimbo, che chiameremo Paolo (nome di fantasia, ndr), indossava un paio di grandi pantofole e un pile, quando la baby sitter lo aveva raggiunto: “Le mamme gli avevano messo addosso qualcosa, perché era poco vestito” sottolinea lei. La testimone ha detto di aver pensato che il bambino potesse essere uscito di casa perché il cancello era rimasto aperto: “La signora chiudeva sempre il cancelletto, proprio per evitare che lui potesse uscire. L’unica cosa che mi è venuta in mente è che involontariamente si fosse aperto, perché non bene agganciato. Non ricordo se quel giorno facesse freddo, comunque i bambini indossavano ancora i piumini”. Una volta accolto a casa sua, riscaldato e messo sotto la doccia, Paolo aveva raccontato qualcos’altro: “Ha spiegato che il fratello lo sgridato perché voleva dormire e lui era andato fuori a giocare. A quel punto io avevo già contattato l’assistente sociale e concordato di portare il bambino. Più tardi la mamma mi ha chiamato, era agitata perché non aveva trovato Paolo: gli assistenti sociali mi avevano chiesto di non dire nulla sul fatto che sarei andata da loro e io ho così ho fatto”.
All’epoca in cui ciò era accaduto, tutti gli altri figli minorenni della signora erano già stati dati in affido. Paolo, ultimo di sette fratelli, viveva invece con la mamma e con un fratello maggiorenne: “La scintilla che ha fatto scattare tutto - ha ricordato un’assistente sociale - è il fatto che uno di loro, nel 2017, si fosse rivolto ai carabinieri di Saluzzo, dicendo che a casa non voleva più tornare. Era stato inserito in comunità”. A quel tempo il ragazzino aveva appena dodici anni: “Diceva che in casa non c’era il necessario, la mamma era spesso assente e loro rimanevano soli”. Il 25 ottobre si attende la discussione del caso.