C’è anche un video tra gli atti del processo per maltrattamenti a carico di un operaio, residente in un comune della valle Po. È un breve filmato che riprende una violenta lite domestica tra due coniugi, l’imputato e la ex moglie. La donna si è poi allontanata e lo ha denunciato per maltrattamenti, sostenendo che all’origine del litigio ci fosse proprio la sua decisione di separarsi: “Le percosse ci sono sempre state, - dice - all’inizio in maniera meno forte: per un nonnulla mi stringeva il viso, mi dava calci mentre scendevo le scale. Cose gravi che ho sottovalutato e ho sempre voluto perdonare, per il bene della famiglia”.
Nell’ultimo episodio, registrato da una telecamera in cucina, lei sostiene di essere stata colpita con un telefono e poi aggredita: “Mi ha spinta verso il mobile del frigo, sbattendomi la testa e bloccandomi. Non potevo muovermi, quando mi ha lasciata mi ha sferrato un calcio alle costole, poi ho cercato di andare via mentre mi tirava un altro oggetto e mi urlava contro”. In ospedale aveva avuto tre giorni di prognosi, ma non aveva denunciato: “In quel momento ho pensato solo a mio figlio, avevo paura che mi togliesse il bambino”. Quando la denuncia è arrivata, la donna ha raccontato anche di altri soprusi subiti, a suo dire, dall’uomo con cui aveva convissuto per oltre dieci anni: “Poco dopo l’inizio della relazione coniugale le cose sono cambiate: per ogni minima discussione mio marito diventava violento, o mi ingiuriava. In un’occasione mi sono chiusa in camera da letto, lui ha sfondato la porta con un calcio e mi ha spaccato un labbro, mentre tenevo il bambino in braccio”. Le sorelle della persona offesa dicono di essere state messe al corrente dei fatti, almeno in parte, già prima della denuncia. Una di loro, in particolare, ricorda l’episodio in cui la sorella sarebbe stata aggredita in stanza, testimoniato da un messaggio Whatsapp: “Quando puoi chiama, mi ha picchiata col bambino in braccio e ha spaccato tutto”.
Lui, l’accusato, sostiene che la verità sia molto diversa, addirittura opposta: in casa, dice, era del tutto succube di sua moglie. “Quando è nato il bambino - afferma - mi ha tolto tutto, non potevo nemmeno parlare con gli amici e dovevo giustificarmi per tutto. Molte volte mi ha redarguito, in maniera pesante, perché non tenevo le gambe incrociate”. Sulle presunte scenate di gelosia hanno testimoniato anche amici e una ex fidanzata dell’imputato: “Con le colleghe, sul posto di lavoro, non potevo nemmeno parlare: ho avuto seri problemi, perché ero sempre al telefono con lei. Ho lasciato un incarico pubblico nel mio comune per lo stesso motivo. Dopo un’operazione chirurgica, mi cacciò dall’ospedale perché avevo allungato un bicchiere d’acqua a una sua vicina di letto”. La gelosia della moglie sarebbe arrivata a incidere sulla sfera sessuale della coppia: “Controllava boxer e mutande quando tornavo da lavoro. Era una ninfomane, pretendeva rapporti sessuali continui: alla fine non ce la facevo più. Rendeva brutto anche quello”. A parte questo, l’uomo e la sua famiglia parlano di un costante tentativo di isolarlo dagli affetti, al punto che i parenti di lui non sarebbero nemmeno stati invitati al matrimonio: “Non mi ha mai permesso di vedere mio nipote, l’ho fatto solo quando hanno divorziato” racconta la sorella dell’imputato.
Riguardo alla lite registrata, l’uomo parla di una sorta di messinscena architettata dalla ex moglie, pur ammettendo il lancio del telefonino e gli insulti: “Avevo fatto il turno di notte e il bambino era all’asilo. Abbiamo litigato e non ci ho visto più, poi lei si è scaraventata contro di me. Nel video mancano diversi pezzi, non so come si sia procurata le lesioni”. Al giudice che domanda perché non avesse pensato di denunciare, se davvero la sua vita coniugale era “un inferno”, l’imputato risponde: “Chi mi avrebbe ascoltato? Un uomo grande e grosso che si fa trattare così? Anche i miei amici ridevano di me”.
Il prossimo 18 dicembre si attende l’udienza conclusiva del processo.