È una storia che sembra venire da un tempo lontano, quella di una coppia di genitori residenti in un comune del Saluzzese e dei loro cinque figli. I bambini oggi hanno tra gli otto e i quindici anni e sono stati allontanati dal nucleo familiare e inseriti in comunità, per decisione dei servizi sociali che li seguono fin dal 2009.
I genitori, quarantenni, sono inoltre a processo con accuse di maltrattamenti e abbandono di minore. A far scattare l’allarme era stato nel gennaio di due anni fa il ricovero di uno dei figli che aveva allora dieci anni. Dal Pronto soccorso di Savigliano il piccolo era stato trasferito al Regina Margherita di Torino per una ferita al braccio destro. Più delle lesioni, però, a preoccupare erano le sue apparenti condizioni di disagio: “Il bambino - ha dichiarato una dottoressa - mi aveva colpita per la sua indole remissiva, camminava a testa bassa e aveva vestiti sporchi e maleodoranti. Lui stesso era in scadenti condizioni igieniche”. Oltre alla lacerazione al braccio, attribuita al lancio di una lama mentre giocava con il fratello gemello, il bimbo aveva una grossa lesione sulla coscia e incrostazioni di sangue rappreso tra i capelli: “In generale attribuiva le varie lesioni al fatto di essere stato picchiato dai fratelli. Disse che stava bene solo con le sue caprette”.
In realtà il suo rapporto con la famiglia appariva buono, pur caratterizzato da una curiosa inversione dei ruoli tra lui e i genitori: “Manifestava sensi di colpa perché rimanendo in ospedale a Torino i genitori avrebbero dovuto affrontare maggiori spese per venirlo a trovare. Inoltre diceva cose come ‘adesso chi cucinerà al posto mio?’, dal che è sembrato di capire che fosse lui a provvedere ai pasti in casa”. La stessa impressione l’aveva maturata la psicologa dopo averlo visitato: “Sembrava un bambino un po’ ‘vecchietto’, provato dalle difficoltà e dalla trascuratezza emozionale del suo ambiente. Si esprimeva in dialetto piemontese e raccontava che andava a fare la legna e a volte si faceva male, che cucinava, ma non aveva rimostranze rispetto a questo: anzi lo diceva con orgoglio, anche parlando del fratello gemello che ‘veniva matto’ perché prendeva troppi caffè e ogni tanto scappava di casa. Ha perfino tenuto da parte le gelatine e le pagnottine che gli davamo in ospedale, perché voleva portarle ai fratellini”.
Le testimonianze degli assistenti sociali hanno in effetti rafforzato l’impressione di forte degrado e povertà educativa nell’ambiente familiare. I cinque bambini e i loro genitori avevano vissuto nei primi anni in un cascinale, poi distrutto da un incendio. In seguito si erano trasferiti in un container, senza acqua corrente: tutte le soluzioni alternative sarebbero state rifiutate perché non c’era spazio sufficiente per le pecore e le mucche che allevavano. In realtà questa attività lavorativa si sarebbe sempre rilevata insufficiente rispetto alle necessità della famiglia, largamente dipendente dai sussidi erogati dagli assistenti: “I bambini - ha raccontato una di loro - non hanno mai riferito di essere picchiati, certo c’erano grossi problemi di incuria”. Entrambi i genitori - in particolare il padre - vengono a loro volta da storie familiari difficili, caratterizzate da etilismo, violenza e allontanamenti: “Le cose - ha precisato un’altra assistente - si sono fatte problematiche quando i figli sono diventati più grandi. In quel momento non sono più riusciti a seguirli e le tensioni sono emerse anche a scuola, dove i gemelli erano stati accusati di furti. I genitori dicevano che se volevano andare a badare alle capre anziché fare i compiti potevano farlo, perché in fondo ‘lo abbiamo fatto tutti’”. Di qui la decisione di allontanare tutti e cinque i figli.
Il processo a carico dei due genitori è stato aggiornato al 14 luglio per ascoltare altri testi.