Due anni di reclusione, contro i cinque chiesti dall’accusa. È la pena comminata stamane ad A.A., cittadino marocchino residente a Paesana, per l’omicidio stradale di Fabio Perlo.
Il ricordo di quella tragedia è impresso nella memoria di molti nell’intera valle Po e in particolare a Sanfront, dove il 17enne viveva con la famiglia. Fabio frequentava l’Ipsia a Savigliano, amava le gite in montagna, i funghi e la caccia. La sera del 16 ottobre 2018, pochi minuti dopo la mezzanotte, si trovava sulla Provinciale 26 a bordo di un fuoristrada Suzuki, insieme al conducente e a un altro passeggero. Poco oltre Paesana, all’altezza della curva dei Morena, il terrificante impatto con una Golf che sopraggiungeva in direzione opposta. Mentre i guidatori delle vetture erano usciti quasi incolumi dall’incidente, i due passeggeri del Suzuki erano da subito apparsi in gravi condizioni. Uno dei due, 34enne, se l’era cavata dopo il ricovero d’urgenza al Santa Croce di Cuneo e un intervento chirurgico. Nulla da fare invece per Fabio, spentosi dopo un giorno di ricovero al CTO di Torino.
Al conducente della Golf la Procura contestava sia di aver invaso la corsia di marcia opposta, sia di essersi messo al volante dopo aver bevuto troppo. Gli esami alcolemici infatti avevano dato un esito di 1,90 g/l dopo la prima rilevazione e 1,61 g/l dopo la seconda, comunque molto al di sopra del limite di legge fissato a 0,50 g/l. Era risultato negativo all’alcol test, invece, l’uomo alla guida del fuoristrada Suzuki.
Nel processo, terminato con la richiesta di giudizio abbreviato da parte dell’avvocato Cristina Botto, l’imputato ha offerto la sua versione dei fatti: “Ho bevuto tre bicchieri di vino fino a una mezzora prima e mangiato alcuni stuzzichini”. Fino a cinque minuti prima dell’incidente, ha aggiunto, era rimasto seduto in un bar di Paesana assieme ad alcuni amici. Uno dei carabinieri intervenuti, tuttavia, ha sostenuto che A.A. apparisse alterato dall’alcol: “Faticava a parlare e a soffiare nell’etilometro. Aveva l’alito vinoso ed era agitato”. Quanto alla dinamica dell’incidente, il maghrebino ha negato di aver oltrepassato la propria corsia, affermando anzi di essersi trovato lui a schivare l’altro veicolo: “Ho visto il Jimny arrivare dalla parte opposta e tagliare la curva. Quando me ne sono accorto ero ormai a una quarantina di metri”. La sua auto, ha dichiarato, procedeva a una velocità di circa 75 km/h.
È stata oggetto di contesa tra i periti delle parti l’individuazione del punto d’urto. Così pure la questione dell’alcol test: gli esami, ha ricordato il tossicologo interpellato dalla difesa, furono eseguiti a distanza di oltre tre ore dall’incidente. Una circostanza che a giudizio del consulente inficiava il dato rilevato. In considerazione di questo, il giudice Sandro Cavallo ha accolto l’aggravante della guida in stato di ebbrezza nell’ipotesi più lieve, pur riconoscendo la colpevolezza dell’imputato.