“In processi come questo c’è una costante: la colpa è sempre di qualcun altro”: lo aveva detto concludendo la sua requisitoria il sostituto procuratore Attilio Offman, nel processo per omicidio colposo che vedeva alla sbarra due dirigenti della Energetikambiente.
La Procura riteneva entrambi responsabili dell’incidente che nell’ottobre 2016 era costato la vita all’operaio Enrico Beoletto, mantese di 39 anni. Beoletto lavorava all’interno dello stabilimento ex Aimeri di Revello ed era stato travolto da un carrello elevatore, mentre era impegnato a spostare un cassonetto danneggiato. Dalle ricostruzioni dello Spresal e degli inquirenti era stato possibile determinare che l’operaio si era rivolto a un collega che aveva appena terminato il suo turno, perché lo aiutasse nel suo incarico: il collega aveva accettato e si era messo alla guida del muletto, pur senza avere la necessaria abilitazione. Mentre teneva il cassonetto agganciato alle forche, Beoletto era scivolato finendo investito dal mezzo.
Oltre al conducente del muletto, in seguito uscito dalla vicenda con un patteggiamento, la pubblica accusa aveva chiamato in causa anche il presidente e amministratore delegato di Energetikambiente, l’ingegner F.M., insieme con il dirigente A.M., responsabile operativo di area. Al primo si contestavano una serie di asserite carenze del documento di valutazione rischi, mentre per l’altro imputato il profilo di colpa riguardava l’omessa vigilanza. “Se alla guida di quel muletto ci fosse stato un lavoratore esperto l’incidente non si sarebbe verificato” ha sostenuto il procuratore, tuttavia “il carrello veniva utilizzato da chi capitava: non solo, non c’erano misure per prevenire la cosa perché se queste misure fossero state messe in atto ci sarebbero stati un sacco di problemi”. Per entrambi gli imputati era stata proposta la pena di un anno.
Le difese hanno argomentato per contro che i due dirigenti non potessero essere considerati responsabili di non aver esercitato un controllo diretto su ciascun lavoratore, attività che avrebbe invece dovuto svolgere il capocantiere. Il giudice Giovanni Mocci ha ritenuto questa argomentazione fondata in riferimento al solo F.M., amministratore delegato dell’azienda, assolto per non aver commesso il fatto. Non invece per A.M., il responsabile operativo: quest’ultimo è stato condannato a sei mesi di reclusione con pena sospesa.