Una sequela di ingiurie e minacce urlate all’indirizzo della ex cognata e poi all'ex moglie davanti alle figlie, alla famiglia di lei e alla pattuglia di carabinieri accorsa su segnalazione di un’amica della donna. In seguito a questi fatti, risalenti al 2 giugno 2017, è finito a
processo per minaccia e violenza privata il benese C.G., classe 1972.
Come da accordi con la ex, l’uomo quel giorno si era recato a prendere le due figlie a casa dei nonni materni, residenti a Costigliole Saluzzo. Pochi minuti prima però era intercorsa tra lui e la ex cognata, in quel momento in auto assieme a sua sorella, una burrascosa telefonata: C.G. protestava per il fatto che fosse stata cambiata a sua insaputa la serratura dell’abitazione un tempo condivisa. Tra le frasi in querela figuravano espressioni come “ti faccio ammazzare dai miei amici delinquenti per non sporcarmi le mani”, “ti porteranno via a pezzi perché sei troppo grassa per entrare nella bara” e “ti faccio finire al cimitero come tuo fratello”. Questa sarebbe stata la causa scatenante della sua furia, esplosa alla vista dell'ex moglie che nel frattempo aveva raggiunto a sua volta la casa dei genitori.
“È comparso una decina di minuti dopo il nostro arrivo - ha ricordato un carabiniere in aula - e ha subito cominciato a minacciare e insultare l’ex moglie e l’ex suocero dicendo che non era giusto che fosse stato cacciato di casa”. Secondo quanto riferito da uno dei testi, attuale compagno della parte offesa, l’imputato avrebbe anche affermato di fronte alle bambine “che avrebbe bruciato la casa con tutti dentro”.
A carico dell’imputato, accusato di stalking in un diverso procedimento, la Procura aveva chiesto la condanna a dieci mesi. Analoghe considerazioni erano state svolte dall’avvocato di parte civile, Flavio Silvestro, che aveva quantificato il danno subito dalla signora in 5mila euro. Per la difesa, rappresentata da Luisa Marabotto, “si può parlare al massimo di tentata minaccia, nel contesto di una certa provocazione: C.G. non riusciva a entrare in quella che era tuttora casa sua per recuperare le sue cose, poiché l’ex moglie aveva cambiato serratura e rifiutava di dargli le chiavi”.
Al termine dell’istruttoria il giudice Alice Di Maio ha condannato C.G., previa riqualificazione della contestata minaccia in esercizio arbitrario delle proprie ragioni, alla pena di quattro mesi.