Rivelazione di segreti industriali e accesso abusivo a un sistema informatico sono le accuse di cui deve rispondere D.A., 34enne revellese, licenziato e denunciato nell’agosto del 2020 dall’azienda per cui aveva lavorato nei tredici anni precedenti.
Oggi quella stessa azienda, la Rivoira di Verzuolo, è costituita parte civile nel processo contro di lui. All’ex dipendente, tecnico di campo e responsabile di un progetto importante sulla coltivazione delle ciliegie, si contesta di aver “tramato” per anni contro i suoi datori di lavoro, con l’obiettivo di avvantaggiare alcuni concorrenti diretti. “Possiamo vendere il know how, è un business anche quello” si legge in uno dei messaggi inviati dal cellulare al responsabile di un’altra grande azienda del settore frutticolo saluzzese, per la quale l’imputato aveva in effetti firmato un contratto pochi mesi più tardi. Tra le accuse più gravi c’è quella di aver diffuso i listini dei prezzi che la Rivoira proponeva ai fornitori: “Cinque o sei produttori esterni conoscevano i nostri prezzi e quindi facevano contrattazioni sapendo già quanto pagavamo noi, una chiara concorrenza” ha spiegato in aula Marco Rivoira, ceo del gruppo. Alcuni grossi problemi, ha aggiunto, si erano verificati in particolare sugli acquisti dei kiwi: “Era lui che avvisava i concorrenti sui nostri tempi di contatto con i produttori. Lo faceva da due o tre anni in modo sistematico”.
Nell’agosto del 2020 l’episodio che avrebbe portato alla rottura. D.A. aveva chiesto al sistemista dell’azienda di copiare un’intera cartella di dati tecnici dal pc aziendale a quello personale: “Mi ha chiesto di copiare dati dalle cartelle condivise per poter lavorare da casa. Una richiesta che non avevo mai ricevuto - ha precisato l’informatico - e che contemplava una prassi irregolare, quindi sono andato dal titolare a spiegare la situazione”. In precedenza, lo stesso dipendente aveva cercato di trasferire dati su una chiavetta usb, prestatagli da una collega. Stamani in aula è stato lui stesso a giustificare l’accaduto, sostenendo di non aver mai cercato di trafugare le informazioni: “Avevo bisogno di alcuni files, perché lavoravo spesso da casa. Non avendo tempo per selezionarli, ho preso l’intera cartella del servizio tecnico: era molto grande e ci sarebbero volute due ore per completare l’operazione, perciò ho chiesto aiuto al sistemista”.
“Penso - ha aggiunto - che Rivoira abbia preso questo a pretesto per cacciarmi: presumo gli fossero arrivate voci sul fatto che stavo per lasciare l’azienda”. Nondimeno, il 34enne afferma di non aver mai agito contro gli interessi del gruppo per cui lavorava: “Ho sempre inviato documentazione su autorizzazione verbale del titolare. I destinatari erano responsabili di aziende che volevamo coinvolgere nel progetto sulle ciliegie”. E la famosa frase sul “know how”? “Mi riferivo alle mie capacità professionali e personali, con l’intento di enfatizzare un po’ la mia figura”. Frutto di un equivoco, secondo l’accusato, anche le contestazioni riguardanti la “cessione” del listino prezzi ai concorrenti: “Gli agricoltori, nella maggior parte dei casi, non riescono a discutere di certe questioni spinose direttamente con la proprietà: non avevano altre persone con cui interfacciarsi a parte me. Per questo mi trovavo anche a gestire i loro malcontenti sulle liquidazioni”.
Il prossimo 4 novembre il giudice ascolterà i testimoni convocati dalla difesa.
RETTIFICA: per un errore dovuto all’omonimia è stata indicata in una prima stesura come parte civile la Rivoira Frutta di Piasco (estranea ai fatti), in luogo della Rivoira Giovanni e figli spa di Verzuolo. Ce ne scusiamo con gli interessati.