Quando aveva letto quegli insulti scritti con una bomboletta spray, sui muri vicino a casa e sulla sua auto, non aveva nemmeno pensato che l’autore del gesto potesse essere l’ex compagno. Lo racconta una signora di Saluzzo, sessantenne, che due anni fa aveva presentato denuncia per atti persecutori e imbrattamento.
“Ci eravamo lasciati da poco. Lui ha sempre negato, addirittura si era offerto di venire dai carabinieri con me. Solo a poco a poco e contro la mia volontà ho cominciato a capire” ha detto in aula la querelante. Per quei fatti O.A.A., classe 1959, residente a Racconigi, è stato condannato a un anno e sei mesi dal giudice Sandro Cavallo. Contro di lui pesavano alcuni elementi raccolti in fase d’indagine dai carabinieri, a cominciare proprio dal tipo di vernice utilizzata: “Quella vernice arancione faceva parte di un set utilizzato per i ritocchi nel reparto in cui lavorava l’imputato, presso un’azienda locale” ha spiegato il luogotenente Fabrizio Giordano, comandante della stazione saluzzese dell’Arma.
A indirizzare gli inquirenti anche il fatto che non ci fossero, in quel momento, contrasti tra la signora e altre persone: “Per una decina di mesi era stato un rapporto normale, - aveva riferito la donna in una precedente udienza - poi ha iniziato a minacciarmi e accusarmi di avere altri uomini ogni volta che guardavo il cellulare o il pc. Un rapporto di fortissima gelosia e possesso che mi ha portata ad allontanarmi”. Le scritte, apparse nell’arco di mesi in vari luoghi del centro storico, erano inequivocabili: “Su Whatsapp mi scrisse che era finito al reparto psichiatrico per colpa mia e me l’avrebbe fatta pagare. Disse che avrebbe messo sui muri di tutta Saluzzo foto dei nostri rapporti intimi”. Alla fine la donna si era rivolta all’associazione antiviolenza Mai + Sole e aveva denunciato tutto.
Di comportamenti “particolarmente subdoli e spregevoli” ha parlato il procuratore Alessandro Borgotallo, menzionando la convergenza di indizi a carico: “Uno stillicidio di atti persecutori. Per lei non c’era mai da stare tranquilli, neanche durante il lavoro”. L’avvocato Enrico Gaveglio, patrono di parte civile, ha ricordato come l’imputato avesse avuto contrasti anche con i colleghi, perché conosciuto come “persona irascibile”: “C’è stata anche una sua chiamata in viva voce cui hanno assistito i carabinieri, mentre diceva cose poco edificanti sulla persona offesa”.
L’avvocato difensore Monica Giannini ha sostenuto l’insussistenza di entrambi i capi d’accusa: in merito ai danneggiamenti, perché “nessuna telecamera e nessun testimone oculare erano presenti, le perquisizioni sull’auto, la persona e il posto di lavoro dell’imputato hanno dato esito negativo”. Quanto agli atti persecutori, ha aggiunto, “le note audio tuttalpiù potrebbero integrare il reato di molestia perché concentrate in un unico giorno. I carabinieri non hanno estratto i tabulati né ricondotto gli audio ricevuti dalla signora a un numero in uso all’imputato”.
La sospensione della pena detentiva è stata subordinata dal giudice al pagamento di un risarcimento alla parte civile quantificato in 5mila euro. L’uomo dovrà inoltre svolgere venti ore di lavori socialmente utili.