Molti lettori ricorderanno come tra gli ultimi mesi del 2020 e l’inizio di quest’anno la famigerata “banda dei computer” avesse messo a dura prova le forze dell’ordine, colpendo una dozzina di scuole a Cuneo e razziando almeno 90 pc per un valore di circa 40mila euro.
Qualcosa di analogo era già accaduto un paio d’anni fa a Saluzzo, dove una baby gang aveva messo a segno una serie di colpi con modalità ancora più audaci. “I furti venivano effettuati di giorno, con il personale scolastico ancora sul posto e alla presenza di testimoni: chi voleva andava là e si serviva” ha ricordato il luogotenente Fabrizio Giordano, comandante della stazione carabinieri di Saluzzo che portò avanti le indagini sulla banda. Un lavoro investigativo non facile, ha spiegato il militare, perché i furti - tutti ai danni della scuola media “Rosa Bianca” - non erano semplici goliardate: “Per alcune settimane ci siamo trovati davvero in affanno perché la scuola continuava a subire furti, con un danno economico non indifferente”.
A inizio marzo del 2019, però, si era arrivati finalmente a individuare due responsabili dei reati. Era accaduto grazie all’identificazione di due figure incappucciate nel cortile della scuola, allontanatesi in fretta insieme ad altre due persone non appena avevano visto comparire una volante. I sospettati avevano lasciato a terra un paio di walkie talkie, dopo essersi impossessati di cinque computer. Qualche testimone aveva detto di aver riconosciuto tra gli incappucciati un ex alunno della scuola, all’epoca ancora minorenne. Sia lui che l’altro ragazzo, anch’egli minore di diciotto anni, erano stati denunciati.
All’individuazione del presunto terzo complice (il quarto è rimasto ignoto) si è arrivati grazie alle testimonianze: J.D.C., classe 1999, nato in Argentina e residente a Saluzzo. Per gli inquirenti era il “palo” che aveva coordinato con i walkie talkie l’azione criminale dei due minorenni. Il ragazzo si trova ora a rispondere per un singolo episodio tra quelli attribuiti alla banda: “I furti erano cominciati a febbraio, in totale sono spariti 22 computer portatili” ha riferito al giudice la preside della scuola (oggi istituto comprensivo), Leda Zocchi. A fine mattina dell’11 marzo, poco prima dell’ultimo colpo, i bidelli avevano fatto una ricognizione in tutte le aule, senza trovare nulla di anomalo: solo in seguito si sarebbe constatata la sparizione di cinque computer collegati a lavagne multimediali, asportati da varie aule. Il fatto che i ladri agissero al pomeriggio gli permetteva fra l’altro di aggirare il sistema di allarme, inserito solo dopo le lezioni pomeridiane.
Quel giorno diverse persone, già in allerta viste le ripetute incursioni, avevano notato i ragazzi incappucciati aggirarsi nel plesso scolastico. “Ho inquadrato il gruppo di giovani con la videocamera del telefonino, erano in quattro o cinque e sembravano trasportare qualcosa di ingombrante” ha testimoniato una ex docente. Un contributo rilevante era giunto anche da una collaboratrice scolastica: “Ho sentito rumori sulla scala antincendio e mi sono affacciata. C’erano due ragazzi che dopo avermi notata si sono seduti. Uno dei due ha detto all’altro di non girarsi per non rischiare di essere riconosciuto, ma l’avevo già visto dalla vetrata”. L’adolescente, un ex allievo del “Rosa Bianca”, avrebbe in seguito molestato la testimone: “L’ho trovato sotto casa e in altri posti che frequentavo, l’ho fatto presente alle forze dell'ordine”.
Il processo è rinviato al prossimo 15 marzo per l’audizione dell’ultimo teste e la discussione finale.