La minaccia c’è, anche se la pistola è finta. Lo ha scoperto a sue spese L.N., incensurato, condannato dal tribunale di Cuneo per aver puntato addosso a un gruppo di adolescenti un oggetto simile a una pistola - poi rilevatasi, in seguito a una perquisizione, un semplice accendino.
L’imputato, originario di Cosenza e residente a Manta, era stato protagonista di un acceso diverbio con un immigrato in una sera di giugno del 2020. La lite si era accesa in piazza del Popolo, di fronte agli occhi di un gruppo di ragazzini minorenni che si erano dati appuntamento di fronte al municipio mantese. Non è chiaro quali fossero le ragioni della contesa, ma i ragazzi si erano “messi in mezzo” per evitare che le cose degenerassero: “Abbiamo visto che stava per mettere le mani addosso al signore di colore - ha raccontato al giudice uno di loro - mentre un’altra persona cercava di fermarli. Noi siamo intervenuti solo per dirgli di non fare casino in piazza”.
Stando alle testimonianze, l’uomo si sarebbe allontanato in bicicletta così come l’altro protagonista del diverbio. Passato qualche tempo, però, gli adolescenti l’avevano visto ricomparire portando al guinzaglio il suo cane pitbull: “Mi ha fatto cenno di avvicinarmi, poi ha estratto una pistola da dietro alla schiena e me l’ha puntata alla testa dicendo che mi avrebbe sparato se mi fossi ancora intromesso” ha raccontato un giovane all’epoca appena quattordicenne. Dopodiché lo stesso individuo si sarebbe accostato al capannello degli amici, a pochi metri di distanza, ripetendo lo stesso gesto: “Ci disse ‘se fate ancora i furbi sparo a tutti in testa’”. Terrorizzati dalle minacce ricevute, i ragazzi avevano atteso che l’uomo si allontanasse di nuovo per chiamare i carabinieri. I militari avevano ascoltato il loro racconto e in base alle descrizioni fisiche erano riusciti a individuare il presunto autore del gesto nella persona di L.N., già noto alle forze dell’ordine.
Il sospettato, raggiunto nella sua abitazione, aveva ancora indosso i vestiti descritti dagli adolescenti. In un cassetto della cucina era stato rinvenuto e sequestrato un oggetto metallico a forma di pistola lungo 18 centimetri, senza tappo rosso. Era risultato trattarsi in realtà di un accendino. Al padrone di casa è stato comunque contestato il reato di porto di oggetto atto ad offendere, assieme alla minaccia.
Per lui il pubblico ministero Luigi Dentis aveva chiesto una condanna a tre mesi di reclusione. L’avvocato Marta Bono, difensore dell’uomo, ha evidenziato numerosi dubbi sulla dinamica dei fatti che sarebbero emersi a suo giudizio dalle dichiarazioni delle persone offese: “Il primo ragazzino che aveva affrontato L.N. ha detto in aula di averlo visto estrarre la ‘pistola’ dalla schiena, mentre in interrogatorio aveva dichiarato di averla vista tirar fuori dalla tasca. Inoltre ha parlato prima di un soggetto con la barba, poi senza barba”.
Il giudice Giovanni Mocci ha assolto l’imputato, quanto al porto di oggetto atto ad offendere, perché il fatto non sussiste. L’imputato è stato invece condannato per minaccia a tre mesi di reclusione, con pena sospesa. In quanto all’accendino sequestrato, ne è stata disposta la confisca e la distruzione.