Era sceso in campo anche uno psicologo per comprendere il disagio di oss e infermieri della casa di riposo “Tapparelli d’Azeglio”: “L’intera residenza si portava ancora addosso le ferite del periodo del Covid, che aveva scombussolato gli interventi portando ad occuparsi di un problema completamente nuovo” spiega oggi il professionista, in veste di testimone in un processo per maltrattamenti.
La vicenda riguarda M.G., una oss all’epoca in servizio presso il reparto Nat della struttura assistenziale saluzzese. Ovvero il nucleo dedicato al trattamento degli ospiti affetti da Alzheimer: “Era stato prospettato un rischio di maltrattamento degli anziani. Mi era stato raccontato in particolare un episodio in cui un operatore avrebbe avuto un comportamento non corretto”. Un episodio descritto come “piuttosto grave” e che aveva avuto conseguenze, sulle quali, tuttavia, nessuno era entrato nello specifico. Neanche in seguito sarebbero emerse indicazioni specifiche. Quel che era evidente, afferma l’esperto, era la “discrezionalità degli interventi” nel reparto Nat: “Molti operatori avevano comportamenti diversi in alcune situazioni critiche”. Si evidenziava anche “un discorso di fisiologico ‘nonnismo’” in senso lato, ossia “la difficoltà di alcuni a uscire dalle indicazioni date dal personale che era lì da più tempo”.
I presunti maltrattamenti, in questo contesto, erano “un fantasma che aleggiava”, ovvero “una tematica che non viene affrontata chiaramente e che dall’esterno si percepisce in termini di sguardi, battute o brevi accenni”. Contro l’attuale imputata pesano le accuse formulate nel gennaio 2022 da una giovane collega, presentatasi ai carabinieri di Saluzzo per riferire episodi risalenti al novembre precedente. Lei aveva affiancato M.G. nel lavoro solo per una decina di giorni.
“Si parlava di un clima di tensione tale per cui gli ospiti cadevano perché agitati o perché mancava vigilanza” ha spiegato in una precedente udienza il maresciallo Fabrizio Giordano, comandante della stazione saluzzese dell’Arma. Un episodio, in particolare, aveva attirato l’attenzione: il referto sanitario riferiva che la paziente, poi trasferita al pronto soccorso di Savigliano, appariva “agitata” e presentava “un bernoccolo sulla testa”. Riguardo a M.G., tuttavia, nulla era emerso dai filmati delle telecamere che i carabinieri avevano poi piazzato in due stanze di uso comune, monitorando per un mese quanto accadeva.
Il direttore generale del “Tapparelli” Massimo Peirone, in carica da pochi mesi all’epoca, riferisce di non aver mai interloquito con la dipendente neoassunta e di aver appreso delle investigazioni solo a marzo, quando era stato convocato in caserma. A lui le operatrici avevano parlato più che altro di difficoltà organizzative nel reparto: “Non ho avuto contezza di condotte maltrattanti, mi ero però reso conto di una situazione abbastanza complessa”. Quando poi erano subentrate le misure cautelari nei confronti di tre oss, tra cui l’attuale imputata, la struttura aveva aperto i procedimenti disciplinari e trasferito le dipendenti ad altri incarichi.
Una ex dipendente racconta di avere “assistito a cose sgradevoli” fatte dall’imputata. In particolare, avrebbe visto la collega “schiacciare le braccia di un’ospite sul petto, fortissimo, tanto che l’ospite faticava a respirare. Io le ho detto ‘lasciala stare, non vedi che fatica a respirare?’: la teneva così perché non scappasse, l’ospite dava pugni e calci ed era coricata”. Accuse analoghe sono state formulate dalla giovane oss le cui segnalazioni ai carabinieri hanno dato inizio all’indagine. Oggi la Rsa è parte civile contro l’imputata, insieme alle famiglie di alcuni anziani ospiti identificati come persone offese. Il prossimo 28 marzo si proseguirà con l’audizione dei testi indicati dalle parti.