Nuovo capitolo in Corte d’Assise a Cuneo nel processo per l’omicidio di Baldassarre Ghigo, il fossanese 66enne che il 14 novembre 2015 fu trovato carbonizzato nella propria auto sulle alture di Gambasca, in valle Po.
Unico imputato è Modesto Barra, un boscaiolo residente in paese, amico e coetaneo della vittima. Il corpo del pensionato fu ritrovato tra i resti del rogo su una strada sterrata in località Gravera Granda, a 4 km dal centro di Gambasca. In una prima fase la Procura di Cuneo aveva chiesto per due volte l’archiviazione del caso, alla quale si erano opposte le sorelle di Ghigo assistite dall’avvocato Gianmaria Dalmasso.
Nel settembre del 2017 il fascicolo era stato avocato dalla Procura generale di Torino, che al termine di nuovi accertamenti ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio per omicidio volontario aggravato a carico di Barra. Secondo la tesi dell’accusa, all’origine dell’omicidio ci sarebbe un credito di circa 60mila euro che la vittima poteva vantare nei confronti dell’imputato: a quest’ultimo si contesta anche l’aggravante della crudeltà, poiché dopo aver tramortito Ghigo e averlo caricato sulla Ford Fiesta avrebbe appiccato il fuoco alla macchina mentre l’uomo era ancora vivo.
Barra, dal canto suo, si è sempre proclamato innocente. La difesa punta sul fatto che i Ris non abbiano trovato traccia di sostanze infiammabili sul veicolo, e che non ci sarebbero immagini della vettura di Barra riprese dalle telecamere di videosorveglianza sull’unica strada che porta a Gravera Granda.
Nella scorsa udienza dell’11 marzo era stato sentito in veste di perito il dottor Mario Abrate, direttore del dipartimento di anatomia patologica all’ospedale di Savigliano. Il consulente aveva fatto in quella sede dichiarazioni molto rilevanti, sostenendo che era possibile propendere per una tesi suicidiaria anziché per un omicidio: dalla visione delle foto, a suo giudizio, si poteva dedurre che l’auto di Ghigo fosse esplosa a pochissimi secondi dall’innesco.
Per questo motivo oggi la sostituto procuratore Sabrina Noce ha chiesto di ascoltare a prova contraria un altro consulente, l’ingegner Luca Marmo, ricercatore del Politecnico di Torino. Secondo la Procura, il fatto che il dottor Abrate fosse inserito nella lista della difesa - e che durante l’audizione in aula abbia reso dichiarazioni diverse da quelle messe agli atti in precedenza - giustificherebbe la richiesta.
L’avvocato Piermario Morra, difensore di Barra, si è opposto, sostenendo che Abrate non sia da considerarsi un consulente della difesa poiché la sua nomina è avvenuta su richiesta della Procura.
Sulla domanda la Corte si esprimerà dopo la prossima udienza, in calendario l’8 luglio, per la quale si attende la rogatoria internazionale riguardante un teste dalla Romania. Nella stessa udienza dovrebbe essere ascoltata anche la testimonianza dell’imputato, che nel frattempo rimane in libertà con l’obbligo di dimora in paese.