Per un operaio all’epoca 37enne di Saluzzo, assunto con un contratto interinale in una ditta specializzata nella lavorazione del ferro a Scarnafigi, quello sarebbe stato il primo giorno di lavoro.
Purtroppo la sua esperienza si era conclusa subito e nel peggiore dei modi, con uno schiacciamento della mano sinistra sotto la pressa idraulica che gli era costato due mesi e mezzo di prognosi: “Nessuno mi ha risarcito il danno” accusa l’operaio, un cittadino albanese ora impiegato in un’azienda di Dronero.
A causa di quell’infortunio risalente al febbraio 2014 l’imprenditore M.M., il suo titolare di allora, si trova a processo per lesioni personali colpose. Stando alle testimonianze, quel giorno il titolare non era presente e aveva lasciato istruzioni al figlio e a un altro dipendente albanese, assunto come magazziniere ma impiegato con varie mansioni all’interno dello stabilimento.
Era stato proprio lui a segnalare al suo capo il connazionale, che aveva precedenti esperienze come muratore e idraulico: “Il mio conoscente mi ha spiegato come utilizzare la pressa, era la prima volta che lavoravo con un macchinario del genere” aveva raccontato al giudice. Il collega era rimasto con lui per circa mezzora e in seguito era tornato più volte per raccomandargli di fare attenzione a non spostare i pezzi con la mano ma solo con il cacciavite che aveva in dotazione: si trattava di lavorare a freddo sulle piastrine metalliche.
Il datore di lavoro è comparso in aula a sua volta, nell’udienza odierna, per difendersi dalle accuse: “Quel tipo di lavorazione - ha spiegato - viene fatta eseguire a chi è appena arrivato in azienda, perché è molto semplice”. Secondo la Procura, tuttavia, quell’operaio non avrebbe dovuto svolgere una mansione del genere senza aver prima seguito un corso di formazione: l’imprenditore ha obiettato che la formazione non deve essere svolta per forza entro il primo giorno e ha ipotizzato che il collega gli stesse soltanto fare “un giro in ditta”.
“La pressa era molto vecchia e non aveva dispositivi di sicurezza, per questo dopo l’incidente sono date indicazioni specifiche per adeguarla con un sistema a doppio comando” aveva spiegato il tecnico dello Spresal che eseguì i rilievi dopo l’infortunio. M.M. ha confermato di aver provveduto: “Il macchinario risale al 1969 ma io l’avevo acquistato negli anni Novanta, senza apportare modifiche”.
Alla chiusura dell’istruttoria, il giudice ha dato tempo alle parti per accordarsi sull’eventuale risarcimento. Il prossimo 5 maggio è prevista la sentenza.