SALUZZO - Perseguitava la ex fidanzata, il giudice lo condanna a quattro anni di carcere

La ragazza era appena maggiorenne all’inizio della convivenza. Dopo la fine della relazione ha denunciato violenze e maltrattamenti: il giovane è finito ai domiciliari

a.c. 03/04/2022 19:06

I maltrattamenti sarebbero cominciati già durante la relazione, quella tra due giovanissimi che agli occhi di chi li conosceva sembravano formare una coppia perfetta. Si erano conosciuti quando lei aveva sedici anni e appena maggiorenne era andata a convivere con il fidanzato, M.B., in un piccolo centro del Saluzzese.
 
Insieme a loro aveva abitato per un periodo anche il fratello del ragazzo, prima che i due si trasferissero da soli in una nuova abitazione: “Mai assistito ad aggressioni fisiche, al limite i classici litigi tra fidanzati” ha spiegato, precisando di essere intervenuto solo una volta per sedare un diverbio più acceso. Eppure M.B., denunciato dalla ex convivente dopo sei anni di relazione, si è trovato a rispondere di stalking e maltrattamenti. In seguito alla querela erano stati disposti nei suoi confronti gli arresti domiciliari: “Dalla psichiatra che lo ha in cura ho saputo che mio fratello si era introdotto in casa della ex, ma quando gliene ho chiesto la ragione non ha risposto. Lei mi diceva di ricevere minacce e telefonate continue, trenta o quaranta per volta: io dissi a mio fratello di smetterla”. La sorella della ragazza, sentita anche lei come testimone, ha riferito di aver sentito parlare delle violenze per la prima volta nella primavera di tre anni fa, poco prima che i due si lasciassero: “Mi ha detto dei suoi problemi una sera, piangeva e diceva che lui le aveva fatto male. Non mi ha raccontato episodi in particolare e non le ho mai visto lividi addosso”.
 
Gli episodi, ha ricordato il sostituto procuratore Marinella Pittaluga, sarebbero tuttavia emersi nell’incidente probatorio: “La ragazza ha raccontato di essere stata stretta al collo e spinta contro il muro. Una volta venne colpita con un bicchiere, in un’altra occasione fatta oggetto di un lancio di pietre”. Circa il lancio del bicchiere, ha aggiunto il pm, “c’è il riscontro del datore di lavoro, che la vide con un taglio sul naso. La stessa persona conferma di aver notato segni sul volto in altre due occasioni e che la giovane indossava spesso ‘sciarpe vistose’”. Una sera, al ritorno da una cena con i colleghi, sarebbe perfino stata lasciata fuori casa: “Volendo bene al ragazzo, ma soprattutto alla sua famiglia, ha sempre cercato di nascondere ciò che accadeva sperando che lui cambiasse e confidando in un aiuto della famiglia di lui”. Altri riscontri sono stati menzionati riguardo ai fatti successivi alla rottura: visite notturne nei pressi della nuova abitazione di lei, messaggi con minacce di morte, telefonate.
 
“È una storia di violenza e sopraffazioni” secondo l’avvocato Pier Paolo Lingua, difensore di parte civile: “La ragazza ha sofferto gravi ripercussioni e tuttora manifesta un grande timore per la sua incolumità, legato a ciò che potrebbe succedere quando scadranno gli arresti domiciliari. La sua paura è così forte che nell’imminenza della deposizione si era trasferita a casa di un amico”.
 
Per la difesa, rappresentata dall’avvocato Damiana Li Puma, quelli descritti sarebbero “episodi isolati, magari riportati in buona fede, ma non sufficienti per poter parlare di maltrattamenti”. Troppo vaga, a giudizio del legale, la narrazione della presunta vittima: “Le vittime di maltrattamenti ricordano alla perfezione la genesi delle violenze e il modus operandi, lei invece non riferisce particolari e fa allusioni generiche, senza collocare nel tempo gli episodi”. Oltre all’assenza di referti ospedalieri, a smentire l’ipotesi di violenze sarebbero le foto dell’epoca, che la ritraggono su Facebook “al mare in costume e in montagna con una maglietta: in nessuna si vedono segni sul corpo”. “Non si capisce - ha aggiunto il difensore - perché una donna vittima di violenze avrebbe deciso di andare via dalla casa di famiglia di lui, dove era più protetta, per vivere da sola con chi la picchiava”.
 
Il giudice Alice Di Maio ha condannato l’imputato a quattro anni di reclusione, contro i quattro anni e sei mesi richiesti dall’accusa. A suo carico è stato disposto anche il pagamento di una provvisionale di 40mila euro in favore della parte civile.

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