Sarebbe stato uno ‘sgarbo’ dell’amministrazione penitenziaria a provocare la furia del cittadino tunisino H.T., recluso all’epoca nel carcere di Saluzzo, che nell’agosto 2018 aveva dapprima aggredito un compagno di detenzione, poi cercato di appiccare il fuoco agli arredi della cella e infine opposto resistenza agli agenti di Polizia Penitenziaria accorsi per sedare il principio di incendio.
Il detenuto sosteneva che giorni prima, durante una perquisizione in cella, gli fosse stata strappata senza motivo la foto del figlio che per via della condanna subita non vedeva più da sei anni.
Nove agenti della casa di reclusione di Saluzzo hanno testimoniato come parti offese nel processo intentato contro di lui, oggi detenuto per altra causa ad Alessandria.
L’uomo aveva acceso un fornelletto e appiccato il fuoco a una tenda e a vari oggetti di carta all’interno della camera di pernottamento in cui si trovava. In seguito aveva brandito una lametta contro gli agenti intervenuti, ingaggiando una colluttazione.
Il giudice lo ha condannato a otto mesi di reclusione, contro i sette chiesti dalla pubblica accusa.