È accusato di usurpazione di funzioni pubbliche e possesso di distintivi contraffatti il 40enne Antonio Arone, residente a Carmagnola, denunciato e rinviato a giudizio per un episodio risalente al 2016.
Nell’ottobre di quell’anno Arone era stato identificato in base al riconoscimento fotografico, effettuato pochi giorni prima da un 22enne di Barge. Il giovane sosteneva che quell’uomo fosse uno dei tre individui che avevano bussato alla porta di casa sua, vestiti da carabinieri: “Si erano presentati dopo le nove e mezza di sera su un’auto civile, una 500 bianca. Indossavano pettorine, due di loro avevano cappellini con la scritta ‘carabinieri’”. I tre si erano qualificati come militari dell’Arma, appartenenti alla stazione di Pinerolo. Uno di loro aveva anche un tesserino con foto e una visura camerale dell’azienda gestita dal 22enne insieme al fratello: “Dicevano di aver bisogno di informazioni sulla contabilità, per verificare eventuali evasioni. Ne parlavano però in maniera molto vaga, sembrava più che altro che cercassero una scusa per entrare in casa”.
Tra loro, ha precisato, si rivolgevano con gradi e terminologie dei carabinieri: “Il più alto veniva chiamato ‘maresciallo’. Quello più basso che poi ho riconosciuto era anche armato, ma non so se avesse una pistola vera”. Il ragazzo era solo in casa in quel momento ed era convinto di trovarsi di fronte ad autentici rappresentanti delle forze dell’ordine: “Penso non siano riusciti a trovare ciò che cercavano, dissero che sarebbero tornati con i colleghi all’indomani, ad azienda aperta. Il mattino dopo avevo aspettato il loro arrivo, poi avevo avvisato i carabinieri di Bagnolo che si erano allarmati”. I loro “colleghi”, infatti, non erano altro che impostori con intenzioni tutt’altro che innocenti.
Dal momento che la telecamera presso l’abitazione era guasta, solo uno dei tre presunti artefici di quella messinscena è poi stato identificato grazie alle foto e fermato a distanza di una settimana. Lui stesso ha rievocato l’episodio che ha portato alla denuncia. Il sospettato era stato intercettato a Revello, in un bar, da una pattuglia di militari dell’Arma che lo avevano invitato a seguirli in caserma dopo aver notato la sua auto. Lui aveva acconsentito, ma poco prima di arrivare a destinazione aveva fatto inversione e si era dato alla fuga. La ragione? Era su una macchina rubata: “All’epoca ero senza auto, alcuni mesi prima avevo rubato una 500 Abarth e l’avevo abbandonata in una via di Carmagnola. Quella mattina avevo cambiato le targhe in modo che non risultasse. Con me avevo solo una copia del libretto”.
Pur ammettendo il furto, l’accusato nega di aver fatto parte del terzetto di finti carabinieri: “Non ho mai visto quel ragazzo, non so dove abiti e nemmeno dove lavori”. Il prossimo 21 novembre si attende di conoscere il verdetto del giudice.