Mantenersi entro i limiti di velocità non basta: l’automobilista ha l’obbligo di considerare eventi prevedibili, come l’attraversamento di pedoni in prossimità della fermata di un bus. Accogliendo questa tesi della Procura, il giudice Marco Toscano ha condannato a otto mesi di carcere L.A., il giovane saluzzese (classe 1997) alla guida dell’auto che il 30 ottobre 2019 investì e uccise Alessandra Piscioneri a Cardè.
Alessandra aveva solo quattordici anni e aveva da poco cominciato le superiori, alla scuola professionale di Savigliano, dove frequentava il corso di ristorazione. Anche sua sorella Anastasia, più grande di due anni, frequentava lo stesso istituto. Il papà Luciano si era trasferito con la famiglia da Roccella Jonica, in provincia di Reggio Calabria, trovando lavoro come autista della Bus Company. Quel giorno la ragazzina stava tornando a casa, ad aspettarla dall’altro lato della via principale del paese, corso Vittorio Emanuele II, c’era sua madre Maria. È toccato a lei, testimone impotente della più terribile delle tragedie, ricordare davanti al giudice quella sequenza maledetta. La signora aveva detto che la figlia aveva già completato l’attraversamento quando la Volvo V40, guidata dal 22enne, l’aveva travolta.
La questione è stata oggetto di approfondimento da parte dei periti di accusa e di difesa. Di certo c’è che l’impatto tra auto e pedone era stato violentissimo: l’adolescente era stata sollevata nell’urto e sbalzata a dodici metri di distanza da dove si trovava. Un altro punto su cui gli esperti si sono a lungo confrontati è quello relativo alla velocità. Il tecnico dell’accusa ipotizzava che la Volvo viaggiasse a circa 77 km/h, mentre il consulente della difesa collocava la “forbice” molto più in basso, tra i 32 e i 35 chilometri all’ora. A dirimere la questione è stato chiamato un altro perito, nominato dal tribunale: l’auto, ha stabilito, viaggiava fra i 45 e i 50 km/h, dunque al di sotto del limite posto in quel tratto di strada.
Abbastanza per scagionare l’accusato? No, secondo il sostituto procuratore Attilio Offman: “La giurisprudenza afferma che se esiste anche una pur minima colpa dell’agente allora non si può parlare di caso fortuito. Per quanto riguarda la prevedibilità, è chiaro che se un pullman si ferma, qualcuno scenderà: il guidatore deve quindi essere particolarmente prudente, cioè rallentare al massimo”. Oltre a questo, ha aggiunto il pubblico ministero, c’è da considerare che si era in un centro abitato e “in condizioni di visibilità ridotte, a causa dell’ora serale in autunno inoltrato”. Lo stesso imputato avrebbe riferito di non aver avuto una visuale ottimale, perché vi era una lieve foschia. Quanto all’autista del bus, era rimasto in parte sulla carreggiata perché non c’era spazio sufficiente sulla destra: “Quindi quello era un passaggio ingombrato, con ridotti spazi di avvistamento e fiancheggiato da edifici”.
Alla richiesta di condanna dell’accusa, quantificata in un anno e quattro mesi, si sono opposti l’avvocato difensore Chiaffredo Peirone e il legale del responsabile civile Davide Ghione: “L’accusa - ha argomentato Peirone - ha rinunciato al tema iniziale della violazione del limite di velocità, ma ha insistito sulla prevedibilità dell’attraversamento. Era prevedibile che una persona attraversasse dietro all’autobus, mentre altre due avevano attraversato davanti, perfettamente visibili a chi proveniva dalla carreggiata opposta?”. L’impatto, ha aggiunto l’avvocato, era avvenuto sullo spigolo sinistro in uno spazio di un metro appena: “La ragazza è sbucata all’improvviso, in meno di un secondo”.
Il giovane imputato potrà beneficiare della sospensione condizionale della pena. In aggiunta, il giudice ha disposto la sospensione della patente per la durata di otto mesi e dichiarato non doversi procedere per gli ulteriori illeciti amministrativi.