Arriva da Vercelli l’inchiesta che ha portato a giudizio per truffa e furto quattro persone, accusate di aver sottratto a un sacerdote del Saluzzese circa 40mila euro.
Si tratta dello stesso gruppo che avrebbe preso di mira diversi anziani sacerdoti tra le province di Cuneo, Alessandria, Torino, Biella, Novara e appunto Vercelli. Qui la locale Squadra Mobile della Questura aveva avviato nel 2019 l’indagine denominata “Angeli e Demoni” che ha portato lo scorso anno all’arresto di cinque persone e al reperimento di oltre 100mila euro di refurtiva tra denaro e oggetti preziosi.
Proprio dalle intercettazioni a carico del presunto leader della “banda delle sacrestie”, il pluripregiudicato casalese Luigi Manzato, si è giunti alla scoperta della truffa che sarebbe stata ordita nei confronti di un prete ultraottantenne, poi deceduto. Il religioso risiedeva all’epoca nella casa di riposo di Envie e aveva ricevuto molteplici telefonate da una persona, a lui sconosciuta, che si qualificava di volta in volta come geometra o ingegnere di nome Valentino. Le chiamate provenivano dall’utenza di Manzato, perciò gli agenti della Mobile vercellese avevano deciso di incontrare di persona il sacerdote: “Aveva raccontato di aver subito un furto presso la sua abitazione nel 2017, ma di non averlo denunciato perché gli erano stati sottratti solo pochi soldi” ha riferito l’ispettore Massimo Caron.
Il prete, apparso lucidissimo nonostante l’età, aveva anche spiegato di essere tornato a casa tempo prima per recuperare alcune cose, ma di non aver ritrovato il doppione della chiave che teneva in un garage aperto. Insospettito dal particolare, l’ispettore aveva fatto un sopralluogo nell’abitazione e controllato il cassetto nel quale l’anziano aveva detto di conservare gli assegni: uno dei carnet era stato svuotato per intero mantenendone solo la copertina, in altri invece svariati assegni erano stati staccati “a filo” con la rispettiva matrice, in modo che nessuno potesse rendersi conto della mancanza se non controllando i numeri di serie. Anche il timbro della parrocchia risultava essere stato rubato.
“Dalle telefonate pregresse - ha aggiunto il poliziotto - emergeva che la banda fosse in possesso di una chiave, verosimilmente asportata durante il primo furto, che veniva detenuta dalla ‘magazziniera’ Lidia Atteritano”. Un ulteriore elemento era emerso dalla visione delle immagini di una telecamera di videosorveglianza che riprendeva il giardino dell’abitazione. In un’occasione, era stata vista avvicinarsi alla casa l’auto in uso a un certo Gianfranco Lago, dal quale erano scesi lo stesso Lago e una figura incappucciata identificata nella persona di Massimo Minandri. Tutti e tre i soggetti citati sono stati ritenuti complici della truffa e rinviati a giudizio.
Dagli accertamenti bancari si era riscontrato che dal febbraio al novembre del 2019 erano stati posti all’incasso due o tre assegni ogni mese, intestati al sacerdote di Envie e da lui disconosciuti in blocco. Gli assegni erano tutti di poco inferiori alla somma di tremila euro, oltre la quale è prevista una doppia verifica sull’autenticità della firma. Il solo Manzato risulta aver cambiato ventidue assegni per 30mila euro complessivi, mentre quelli di Minandri - otto in tutto - ammontano a circa 20mila euro: uno di questi era stato incassato presso la filiale di Envie della Cassa di Risparmio di Saluzzo. Ad Atteritano si contesta un ulteriore assegno da 1100 euro, mentre altri due, uno posto all’incasso da Minandri e l’altro da un congiunto di Lago, erano stati rifiutati su segnalazione delle forze dell’ordine.
Il sostituto procuratore Pier Attilio Stea ha modificato l’imputazione a carico Manzato con l’aggiunta della sostituzione di persona e del falso in titolo di credito. Contestata anche l’aggravante dell’atto commesso contro un ministro del culto. Al prossimo 28 marzo è fissata una nuova udienza del procedimento.