Un colpo di clacson da un automobilista spazientito, qualche parola di troppo e due veicoli che si allontanano. Poteva finire così, come quasi sempre accade, il diverbio tra un buschese e un gruppo di quattro ragazzi nel centro di Cavallermaggiore.
Quella lite invece ha avuto uno strascico ulteriore che ha portato a processo G.P. con accuse di lesioni personali, minaccia, violenza privata e calunnia. A farne le spese un ventenne residente a Monticello d’Alba che in quella domenica di maggio del 2017 si era ritrovato con tre amici: “Quel giorno a Cavallermaggiore era in corso un mercatino, ho visto una transenna e mi sono dovuto fermare. Un’auto da dietro ha iniziato a suonare il clacson a più riprese, quando mi sono spostato mi ha tagliato la strada e ha proseguito”. La stessa auto però l’avrebbe ritrovata poco dopo nel parcheggio dello spaccio Biraghi, dove i giovani erano andati a prendere un gelato: “Il guidatore è sceso ed è venuto verso di noi, cominciando a urlarmi contro frasi come ‘perché c.. ti sei fermato, ho già i miei c.. per la testa’. Io tenendo il finestrino aperto ho risposto che non mi interessavano i suoi problemi, al che lui mi ha afferrato per la mandibola e mi ha sbattuto la testa contro il sedile”.
Secondo la testimonianza della parte offesa, confermata dai tre amici, G.P. avrebbe estratto da una tasca un manganello telescopico nel momento in cui l’aggredito aveva aperto il portellone. Il giovane aveva deciso allora di rientrare in macchina e attendere che l’altro uomo si allontanasse: “Prima ha chiesto i nostri documenti dicendo che sarebbe venuto a prenderci a casa, poi ha cercato di metterla sul ridere e ha proposto di prendere un gelato assieme” ha raccontato una delle ragazze presenti. Dal numero di targa i carabinieri erano risaliti con facilità a G.P., ma nella perquisizione a suo carico non è stato rinvenuto alcun manganello telescopico. Al conducente dell’altra auto, dopo la visita in ospedale, era stata data una prognosi di una decina di giorni. Dal canto suo, l’imputato ha spiegato di non aver tentato in alcun modo di impedire all’altro veicolo di lasciare lo spiazzo, come sostenuto dai ragazzi. L’uomo, al contrario, ha riferito di essersi recato nel parcheggio della Biraghi proprio perché si era accorto di essere seguito e perché voleva trovare rifugio in un luogo affollato. Versione confermata dalla moglie che era a bordo insieme a sua figlia e da alcuni testimoni, conoscenti di G.P., che hanno detto di averlo visto parlare con il gruppo di giovani a bordo senza però compiere alcun gesto violento. La controdenuncia presentata dal buschese, in ogni caso, era stata archiviata e aveva portato all’ulteriore imputazione di calunnia a suo carico.
Il pubblico ministero Anna Maria Clemente non ha creduto alla ricostruzione proposta dai testi di difesa e ha chiesto la condanna a due anni e nove mesi per tutti i capi d’imputazione, tenuto conto anche della recidiva specifica dell’imputato: “Sua moglie accusa i passeggeri dell’altra auto, nello specifico una ragazza che avrebbe alzato il dito medio mentre apostrofava il marito in malo modo. Se è vero, è un’ulteriore conferma dei futili motivi contestati”. Analoghe conclusioni dall’avvocato Massimo Rosso, patrono di parte civile: “Per un colpo di clacson, una sciocchezza come ne succedono moltissime sulla strada, si è scatenata una reazione spropositata da un soggetto non nuovo a episodi del genere”. “Si parla di quattro giovani in forze contro una persona di una certa età. Non è illogico pensare che possano aver avuto una reazione esuberante con insulti e gesti” ha obiettato l’avvocato difensore Davide Diana. Quanto alle lesioni, “l’imputato ha ammesso di aver appoggiato la mano sulla faccia della persona offesa durante la discussione, ha negato però di averlo spinto contro il poggiatesta. In ogni caso non si può dire che i ragazzi fossero così scossi, dato che dopo sono andati a mangiare il gelato”.
Il giudice Sandro Cavallo, all’esito dell’istruttoria, ha condannato G.P. per le lesioni e la minaccia a un anno di reclusione, con sospensione della pena condizionata al pagamento di 3mila euro di danni. L’imputato è stato invece assolto per le ipotesi di violenza privata e calunnia.