Un educatore che l’ha conosciuto parla di lui come un ragazzo che “ha sempre voluto mascherare le sue fragilità mostrandosi in modo provocatorio, da bulletto”. Un ragazzo che come molti ci teneva ad apparire più grande della sua età: “La sua principale paura è che questa storia potesse diventare di dominio pubblico, ancor più di quanto già sia”.
Questa storia è quella per cui una sua ex docente, all’epoca 36enne, si trova a processo con accuse pesantissime: abusi sessuali su minore e stalking. Lui, il ragazzo difficile, di anni ne aveva quattordici, almeno stando all’anagrafe (ci torneremo). Soffriva di un disturbo dell’attenzione ed era seguito da insegnanti di sostegno, oltre che dai servizi sociali. Quando la professoressa si era offerta di aiutarlo a superare l’esame di terza media, come privatista, tutti ne erano stati entusiasti, anche gli educatori. La famiglia però avrebbe presto iniziato a nutrire seri dubbi sulla bontà di quel progetto educativo: “La situazione - dice la madre - un po’ per volta si è fatta anormale. La professoressa era molto disponibile ma troppo invadente”. Finché un giorno la sorella, insospettita, aveva sbloccato il cellulare dell’adolescente: c’erano foto della prof in pose inequivocabili, messaggi dove lei lo chiamava “cucciolo” o “amore”, frasi come “vorrei che tu vedessi il tuo viso e sentissi la tua voce quando ti lasci andare, e quando ti lasci andare ci sono io davanti a te, ci sono io dentro di te”.
“Abbiamo instaurato un rapporto più stretto: aveva bisogno di una figura autorevole accanto a lui” dice oggi l’accusata, senza negare di aver avuto anche rapporti sessuali con il suo “protetto”, “in tre o quattro occasioni”. Tutto però sarebbe accaduto quando ormai il loro legame dal punto di vista scolastico si era interrotto, sostiene lei, affermando anche che quel ragazzo - nato lontano dall’Italia - fosse davvero “più grande” di quanto dicessero i documenti: “Mi disse che suo padre l’aveva registrato all’anagrafe solo un anno dopo la sua vera nascita”. Non è un cavillo, dal punto di vista difensivo: la legge ammette i rapporti sessuali con minori, anche nel caso in cui l’adulto sia un docente, se l’età del più giovane è di almeno 16 anni.
Psicologi, educatori e amici sono concordi nell’affermare che lui fosse davvero cambiato in quel periodo: “Era molto sofferente, - ricorda il suo educatore dell’epoca - non si sentiva al suo posto né a casa né a scuola. Scappò un paio di volte, una volta venne addirittura a suonarmi a casa dopo essersi allontanato dalla famiglia per due giorni, senza mai dire dove fosse stato”. Tra le contestazioni dell’accusa alla professoressa c’è quella di aver più volte ospitato a casa sua a Savigliano il giovanissimo amante, sfruttando la relazione che lui, nel frattempo, aveva intrecciato con la figlia di lei, sua coetanea. La ragazza ha voluto essere ascoltata, nell’ultima udienza, come teste della difesa: “So che lui aveva provato più volte a contattare mia madre dopo la denuncia. Era andato a cercarla a scuola e le aveva detto di aver raccontato bugie perché era obbligato”. In merito ai regali della mamma al suo fidanzatino, ha aggiunto, sapeva che lei gli avesse comprato solo una felpa, nonostante le richieste pressanti: “Lui chiedeva sempre soldi. A volte pregava mia madre di accompagnarlo da amici, la chiamava ripetutamente”.
C’è poi l’indizio più compromettente, scritto sulla pelle dell’accusata. È un tatuaggio che riporta il nome dell’ex allievo ma che lei, giura, aveva voluto solo perché quel nome le piaceva. “Non penso sia riferito a lui” ha confermato la figlia ai giudici. Il 13 settembre è in calendario quella che sarà forse l’ultima udienza del processo.