Ha parlato di una “vicenda molto squallida” il sostituto procuratore Pier Attilio Stea, chiedendo la condanna a tre anni di carcere per un uomo accusato di essersi finto commercialista al fine di raggirare una vedova, in condizioni finanziarie disastrose.
La donna si era rivolta ad Angelo Romano, titolare di un’agenzia di disbrigo pratiche a Savigliano, dopo essersi ritrovata con un debito da 437mila euro verso l’Agenzia delle Entrate. Soldi che il defunto marito, titolare di un’impresa artigiana, non aveva pagato al fisco e che la moglie non era in condizione di trovare. Romano aveva fatto balenare la possibilità di un finanziamento che avrebbe alleviato, per un po’, la situazione economica dell’anziana: “Ha sempre detto di essere un commercialista, o consulente del lavoro” ha raccontato lei, dopo la denuncia. Una volta ottenuto il prestito, con la scusa di sottrarre quel piccolo gruzzolo alle mire del fisco l’aveva convinta ad affidarglielo, emettendo una fattura “di copertura”.
Ma nell’ottobre del 2020 la signora aveva preteso la restituzione della somma: “Sono andata a casa sua, su invito di lui, e gli ho detto che se non mi avesse ridato i soldi l’avrei denunciato. Lui si è presentato con un panno al cui interno c’era una pistola: mi ha detto ‘ho già gambizzato mio fratello, non ho problemi a farlo con tuo figlio’”. Perché quel riferimento così personale? “Mio figlio si era informato su di lui, mi aveva anche messa in guardia, ma io non l’avevo ascoltato. Avevo paura e ormai ero rimasta sola”. La denuncia sarebbe quindi arrivata, due giorni dopo. In casa dell’indagato i carabinieri avevano rinvenuto una pistola scacciacani, senza il tappo rosso: un’arma giocattolo, che poteva sembrare vera a una persona inesperta.
“Era perfettamente consapevole di aggiungere debiti a debiti, per cui avrebbe pagato qualcun altro” ha sostenuto il pubblico ministero, pur consapevole che la vittima “ha dimostrato poca lucidità e si è fidata di quest’uomo che l’ha spogliata completamente”. Per contro, ha aggiunto, il sedicente commercialista - gravato da reiterati precedenti specifici - non aveva fatto nulla per aiutare la “cliente” con le sue pratiche. Lo prova il fatto che nessun accesso a suo nome risulti presso l’Agenzia delle Entrate, in un periodo in cui, a causa delle restrizioni Covid, gli uffici erano accessibili solo previo appuntamento. Il patrono di parte civile, avvocato Jessica Cerchio, ha evidenziato come le chat tra i due dimostri che la signora si attendeva la restituzione dei cinquemila euro affidati a Romano. Oltre a farle credere che fosse “tutto a posto”, l’uomo le aveva garantito che avrebbe ottenuto una pensione di reversibilità dall’Inps a cui in realtà non aveva ancora diritto: “A causa sua - aveva detto la donna, riferendosi all’imputato - i miei figli avevano interrotto i rapporti con me, perché mi ritenevano un’ingenua”.
“Molte circostanze sono presupposte e non provate” ha osservato l’avvocato Carlo Cianci, difensore dell’imputato. In particolare, secondo la difesa, non sarebbe dimostrato l’esercizio abusivo della mediazione creditizia o della professione di commercialista: “Non emerge che abbia sollecitato la sottoscrizione del contratto di finanziamento, a cui forse non era presente. È stata un’attività da faccendiere gestita in un periodo di difficoltà”.
Per il giudice Giovanni Mocci, tuttavia, sono provati tutti i reati contestati con l’eccezione della truffa, per la quale l’imputato è stato assolto con formula piena. Per le restanti accuse c’è un verdetto di condanna a due anni e tre mesi di reclusione, più la misura aggiuntiva del soggiorno in casa di lavoro per almeno due altri due anni. Alla parte civile Romano dovrà risarcire la somma di duemila euro.