RACCONIGI - Incuria al castello di Racconigi, assolta l’ex direttrice del Polo Museale

Per Ilaria Ivaldi la Procura aveva chiesto un’ammenda. La difesa: “I soldi per i lavori c’erano, avrebbe dovuto occuparsene il direttore del castello”

Andrea Cascioli 02/11/2023 17:20

Non è Ilaria Ivaldi la responsabile dei molteplici episodi di incuria che hanno afflitto il castello di Racconigi in anni recenti, almeno secondo la giustizia penale. Il giudice Emanuela Dufour ha assolto l’ex direttrice del Polo Museale del Piemonte da una serie di imputazioni che le erano state contestate, dopo due sopralluoghi dell’Asl nell’agosto 2019.
 
Gli ispettori dello Spresal avevano verificato una serie di violazioni relative alla salubrità dei luoghi e alla sicurezza dei lavoratori nell’ex reggia sabauda: carenze nella pulizia, infissi pericolanti, spogliatoi non a norma, rischi biologici conseguenti alla presenza di piccioni e altri animali nel castello e nel parco. Il controllo, scaturito da un esposto anonimo, si inserisce nel quadro dei burrascosi rapporti tra la funzionaria, allora al vertice dell’ente che gestisce nove siti museali in regione, il direttore del castello Riccardo Vitale, l’amministrazione comunale e i visitatori. L’architetto Ivaldi, alessandrina, nominata il 1 febbraio dello stesso 2018, sarebbe rimasta in carica ancora fino al 2020.
 
Nell’edificio patrimonio dell’Unesco i tecnici avevano riscontrato tra l’altro ammaloramenti dei soffitti, infiltrazioni d’acqua e perfino distacchi di calcinacci al quarto piano, chiuso al pubblico ma accessibile ai dipendenti: in una scala era stato rinvenuto un piccione morto, altrove enormi quantità di guano. Altre irregolarità sarebbero emerse nell’area del parco, estesa per sei chilometri, in particolare riguardo al complesso rurale della Margaria dove l’impianto elettrico risultava non a norma. Già dal giugno precedente il sistema anti-incendio risultava fuori uso. Ad Ivaldi si imputavano anche le molteplici carenze del documento di valutazione dei rischi, firmato dal direttore del castello ma considerato non valido perché - ha spiegato l’ispettore Corrado Gamba - “Vitale era un funzionario delegato senza alcuna autonomia di spesa, dovendo richiedere per ogni esborso la controfirma della direttrice del Polo”.
 
Questa premessa è stata contestata dalla difesa durante tutto il processo: “Racconigi aveva al vertice un funzionario delegato con potere di spesa e fondi autonomi, cui solo lui poteva accedere” ha sottolineato l’imputata, facendo riferimento all’allora direttore del castello. Sempre a lui competeva la stesura del documento di valutazione dei rischi che la direttrice del Polo doveva invece stilare per i siti in cui non era presente un delegato. “In una sola occasione ho modificato una determina, ma non c’è mai stata indicazione di non usare i soldi da parte mia” ha specificato, contestando anzi al direttore di non aver utilizzato oltre metà degli stanziamenti per l’anno 2018: “I fondi ammontavano a 374.970 euro, furono impegnati 172.705 euro e andarono invece persi altri 202.264 euro”. Altri 24mila euro sarebbero “tornati indietro” nel 2019. Per il pubblico ministero Raffaele Delpui, che aveva chiesto per l’imputata un’ammenda di 10mila euro, le eventuali responsabilità del delegato non farebbero venir meno quelle della direttrice del Polo: “Aveva facoltà di intervento e di determinazione. Sono oggettive le carenze nel documento di valutazione dei rischi, considerato non valido perché non sottoscritto dal datore di lavoro Ivaldi”.
 
Opposta la prospettazione dell’avvocato Fabio Ghiberti: “La norma individua il funzionario delegato come datore di lavoro. La riforma aveva stabilito proprio che il direttore del Polo, con responsabilità su nove musei, non si sarebbe più occupato di panche negli spogliatoi e cacche di piccioni”. Lo stesso Vitale, sostiene la difesa, si sarebbe sempre qualificato come datore di lavoro nelle comunicazioni ufficiali, salvo che con l’Asl. Alle “molte anomalie dell’inchiesta” il difensore ha ricondotto anche le modalità di accertamento delle responsabilità da parte degli ispettori: “La stranezza è che non si sia indirizzata la richiesta al ministero ma al direttore generale dei musei Antonio Lampis, un amico personale di Vitale”. Il direttore del castello, ha aggiunto il legale, “ha sempre operato autonomamente sul conto”, tanto che a fronte di una sua assenza la direttrice del Polo aveva nominato una vicedirettrice per l’utilizzo dei fondi di contabilità ordinaria: “Nel biennio 2018-2019 non ha speso 200mila euro che solo lui poteva spendere: forse un po’ di pulizia, di intonaci, di arredamento negli spogliatoi e di impianti elettrici si sarebbero potuti realizzare”.
 
In aula l’ex direttore, rimasto a Racconigi dal 2015 al 2021, si era avvalso della facoltà di non rispondere. Nei confronti dell’imputata il giudice ha pronunciato una sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto.
 
 
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