Il “caso” castello di Racconigi finisce in tribunale. Se n’era parlato più volte tre anni fa,
quando il malcontento era ai massimi storici, tra le polemiche con l’amministrazione comunale guidata da Valerio Oderda e le proteste organizzate attraverso la pagina Facebook ‘Ridateci il parco del Castello di Racconigi’.
L’allora direttrice del Polo Museale del Piemonte, l’architetto Ilaria Ivaldi, è ora a processo con varie accuse relative a presunte violazioni del decreto legislativo 81/2008: quello, per intenderci, che fissa le principali misure per la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori. Tutto è partito da un esposto anonimo che ha indotto lo Spresal dell’Asl Cn1 ad attivarsi con ripetuti sopralluoghi. L’obiettivo era verificare la sussistenza di una serie di problematiche nell’ex reggia sabauda: carenze nella pulizia, infissi pericolanti, spogliatoi non a norma, rischi biologici conseguenti alla presenza di piccioni e altri animali nel castello e nel parco.
Problematiche che gli ispettori sostengono di avere in effetti riscontrato. In due successivi sopralluoghi, effettuati alla fine di agosto del 2019, i tecnici dello Spresal avevano visitato insieme a un veterinario il complesso monumentale, patrimonio dell’Unesco dal 1997. Sugli esiti dei controlli ha riferito al giudice l’ispettore Corrado Gamba: “Abbiamo accertato che buona parte di quanto indicato nell’esposto corrispondeva alla realtà. In particolare le segnalazioni sugli ammaloramenti dei soffitti, le infiltrazioni d’acqua, la non congruità degli spogliatoi e le insufficienti condizioni igieniche all’interno del castello. Più il fatto che l’impianto anti-incendio fosse fuori uso da giugno”. Nel quarto piano, chiuso al pubblico ma accessibile ai dipendenti, erano state evidenziate tracce di umidità e distacchi di calcinacci: un pericolo per i lavoratori del castello, come pure i numerosi escrementi di volatili rinvenibili anche nei locali frequentati ai visitatori. “In una scala abbiamo trovato un piccione morto, altrove invece enormi quantità di guano, con tracce anche sui vetri e su pavimenti in legno” ha riferito Gamba.
Nella guardiania, utilizzata come spogliatoio dagli addetti, sarebbe stata presente una sola sedia, mentre una parte dei servizi igienici riservati ai lavoratori erano utilizzati anche dall’impresa di pulizia per stiparvi materiali. Altre irregolarità sarebbero emerse nell’area del parco, estesa per sei chilometri, in particolare riguardo al complesso rurale della Margaria: “L’impianto elettrico non era a norma, c’era il rischio di sovraccarico. Inoltre la presenza di colonie di pipistrelli, pur tutelata, non era indicata nel documento di valutazione dei rischi”. Analogamente non si faceva menzione nel documento del rischio di punture da insetto e del rischio di annegamento connesso alla presenza di un lago: “Strutture e impianti non erano in regola, benché nel DVR si sostenesse il contrario. Non erano nemmeno indicate le mansioni precise di manutentori e restauratori, con i rischi connessi ai loro compiti”.
La questione del documento di valutazione dei rischi è centrale nel processo. Per legge, l’estensore del documento è il datore di lavoro: la difesa sostiene che questa figura debba individuarsi nella persona dell’architetto Riccardo Vitale, all’epoca direttore del castello e firmatario del DVR (da fine 2021 svolge analogo incarico al castello di Moncalieri). La Procura, al contrario, afferma che solo Ivaldi avesse tale qualifica: “Vitale era un funzionario delegato senza alcuna autonomia di spesa, - ha puntualizzato il teste dello Spresal - dovendo richiedere per ogni esborso la controfirma della direttrice del Polo. Il documento di valutazione dei rischi da lui firmato, di conseguenza, per noi non aveva alcun valore”.
Nella prossima udienza è atteso il controesame del teste da parte dell’avvocato Fabio Ghiberti, difensore dell’imputata. Il 1 giugno verrà sentito anche l’ex direttore del castello.