Si è concluso con una condanna a un anno e sei mesi, da scontare agli arresti domiciliari, il processo contro un uomo residente a Savigliano che doveva rispondere di stalking. D.P. era stato denunciato nel febbraio dello scorso anno dalla ex convivente, trasferitasi da poco in un altro centro della provincia.
I due si erano conosciuti in gioventù, poi si erano incrociati su Facebook e avevano ripreso a frequentarsi. Tre anni di vita in comune, interrotti da periodi di allontanamento durante i quali lei chiedeva ospitalità alla madre o ad amiche per qualche giorno. A Natale del 2020, però, aveva deciso di metterci davvero una pietra sopra: “Non avrei mai voluto sporgere querela, ma una sera sono stata inseguita da lui e da un suo amico in macchina, dopo essere uscita da lavoro”. Da febbraio erano incominciate ad arrivare offese e minacce, dice lei, per circa un mese: in uno di questi messaggi l’uomo aveva scritto “la tua vita è mia”, minacciando anche un figlio e l’ex marito della donna. “Fidati che io prima mi occuperò di loro: non avrai più nessuno dopo di me, ci sarà solo l’ombra” si leggeva. Anche da questo, ha spiegato l’autrice della querela, era scaturita la sua decisione di lasciare Savigliano. In seguito la sua auto era stata danneggiata da ignoti, in un paio di occasioni: “Nelle minacce parlava anche dell’auto, diceva che me l’avrebbe fatta pagare”.
L’imputato ha ammesso di aver passato un momento molto difficile dopo la separazione, segnato da problemi di dipendenza e da vari ricoveri psichiatrici. Ha negato, però, di aver inseguito la ex in auto o di averla perseguitata: “Era già successo che ci lasciassimo e non avevo mai pensato di raggiungerla sul posto di lavoro, tantomeno di presentarmi a casa delle persone di cui era ospite. Dopo che era andata via a Natale avevamo ripreso a vederci, lei si fermava anche a dormire da me all’insaputa dei familiari”. Dopo la violazione del divieto di avvicinamento, nei confronti di D.P. era stata decisa prima la misura degli arresti domiciliari e poi l’incarcerazione a seguito di ulteriori violazioni riscontrate.
Per lui il sostituto procuratore Francesca Lombardi ha domandato la condanna a due anni e tre mesi di carcere: “Non c’era da parte sua nessuna accettazione della volontà della donna di chiudere la relazione” ha sostenuto l’accusa. “Tutta la vicenda sembra riconducibile a quei casi che vediamo anche nella cronaca dei giornali, in cui un compagno non accetta la fine della relazione e pretende di riprenderla dando inizio a persecuzioni” ha aggiunto il patrono di parte civile, avvocato Gian Maria Soldano. Da parte della difesa, rappresentata dall’avvocato Marta Aimar, si è soffermata sull’assenza di comportamenti violenti da parte dell’imputato: “È vero che non ha rispettato le misure cautelari, ma ciò non ha incidenza sullo stalking: non è mai stato trovato nei pressi dell’abitazione di lei e lei non ha denunciato violenze. Analogo discorso per il pedinamento, non c’è un video o una foto che lo dimostri”. Quanto ai messaggi, questi si sarebbero concentrati in un periodo molto ristretto dal punto di vista temporale.
Il giudice Sandro Cavallo ha comunque ritenuto provate le accuse e ha condannato l’imputato anche a risarcire la parte civile con seimila euro. Nei suoi confronti permane il divieto di comunicare con la persona offesa e i suoi congiunti.