SAVIGLIANO - Litigò con i sanitari durante le vaccinazioni, a processo per minaccia e interruzione di pubblico servizio

Imputato un fisioterapista di Brossasco. In aula il sindaco di Savigliano, presente ai fatti: “Aveva chiesto informazioni sul vaccino Covid, non ricordo insulti”

Andrea Cascioli 30/11/2023 16:40

Una lite con i sanitari impegnati nelle vaccinazioni anti-Covid a Savigliano ha portato a processo G.C., fisioterapista residente a Brossasco. L’accusa è di interruzione di pubblico servizio e minaccia a pubblico ufficiale: contro di lui si è costituita come parte civile l’Asl Cn1.
 
Il fisioterapista, secondo le accuse, avrebbe dato in escandescenze presso l’hub vaccinale cittadino, allestito alla Crusà Neira. Tra le frasi contestate un paragone con i nazisti nei campi di concentramento. In seguito aveva inviato una mail alla dottoressa con cui aveva parlato, minacciandola di denuncia qualora non avesse adempiuto alle sue richieste. Stamani in aula ha testimoniato per la difesa l’attuale sindaco di Savigliano Antonello Portera, presente ai fatti nella tarda mattina del 2 settembre di due anni fa. Portera era stato chiamato da G.C. in veste di avvocato, avendo in precedenza curato per lui una pratica legale: “Mi aveva telefonato per chiedermi di presenziare alla sua vaccinazione. Ho risposto che la mia presenza mi sembrava impropria e l’ho invitato a fare ciò che riteneva meglio. Poco più tardi, essendo in pausa pranzo e a breve distanza dall’hub, ho deciso comunque di presentarmi”.
 
Sul posto l’avvocato aveva trovato il suo ex cliente e una donna, amica e collega dello stesso G.C.: “Mi disse di essere in attesa di risposte. Ho visto in effetti che i sanitari erano al telefono in un luogo riservato della sala, poi una dottoressa è venuta verso di noi e ha detto che non era autorizzata a fornire risposte”. Dopo aver convinto il fisioterapista a desistere dal proposito di chiamare i carabinieri, Portera aveva suggerito alla dottoressa di mettere per iscritto quanto dichiarato: “Il quesito posto da G.C. riguardava la conferma che il vaccino somministrato sia esattamente quello previsto dalla legge, cioè un vaccino per la prevenzione del contagio. A lui risultava invece che servisse solo ad attenuare gli effetti gravi della malattia”.
 
Trascorsi pochi minuti, la dottoressa era tornata e aveva acconsentito a sottoscrivere le dichiarazioni rese. Nel frattempo, però, si era registrata qualche tensione tra G.C. e alcuni sanitari: “Gli ho suggerito io stesso - ha detto Portera - di far presente ai sanitari che la sua ostilità non era rivolta a loro. Quando però lui si è rivolto a loro uno degli infermieri ha replicato ‘ha già parlato troppo’. A quel punto, siccome avevamo già la dichiarazione, ho preso per un braccio G.C. e l’ho portato via”.
 
L’avvocato sostiene comunque di non aver sentito pronunciare insulti di nessun genere. In quel momento nell’hub erano presenti solo poche persone in attesa di vaccinazione: “C’era un clima di tensione palpabile, anche se nessuno parlava a voce alta. Ero convinto di aver trovato una soluzione, almeno nell’immediato, per tranquillizzare la situazione”. Le circostanze sono confermate dall’altro teste di difesa, l’amica che aveva accompagnato G.C. al centro vaccinale: la donna ha riferito che, in precedenza, sarebbero stati loro a venire “accerchiati” da “persone senza identificativi”, che solo in seguito avrebbero scoperto essere infermieri. Ne era nata una discussione che tuttavia, sostiene la teste, non sarebbe degenerata: “Lui non ha insultato gli operatori, anzi ha cercato di smorzare i toni”.
 
Per il 6 giugno del prossimo anno è in programma l’ultima udienza del processo.

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