RACCONIGI - Porta il marito in tribunale dopo stupri e maltrattamenti: “Per la mia famiglia era tutto normale”

L’uomo, un senegalese residente a Racconigi, è stato condannato a più di sei anni di carcere. Durante il matrimonio aveva sposato una seconda moglie in patria

Immagine di repertorio

Andrea Cascioli 18/01/2024 18:30

Prima di denunciare l’ormai ex marito per maltrattamenti, lesioni e violenza sessuale ha aspettato anni. Questo perché, ha spiegato più tardi al giudice, “la nostra religione è pesante, se hai problemi con il marito ti dicono di lasciar stare: se parli è soltanto perché sei stufa”.
 
E lei, una donna di nazionalità senegalese e fede islamica, in Italia da oltre dieci anni, alla fine si era stufata. Non prima però di aver subito altri soprusi, tra cui l’occupazione dell’alloggio che il comune di Savigliano aveva messo a disposizione per lei e i figli: il marito, dopo aver lasciato la famiglia per un periodo, era tornato dal Senegal e pretendeva di vivere in quella casa. L’avrebbe lasciata solo dopo vari danneggiamenti e portandosi via gli arredi. La convivenza tra i due, a Racconigi, era iniziata nel 2010: l’uomo era venuto in Italia grazie al fratello di lei, suo compaesano e fraterno amico. I genitori della donna non ne erano entusiasti, ma più tardi sarebbe stata proprio la madre di lei ad insistere perché riprendesse in casa il marito manesco: “Ormai te lo sei sposato, ed è normale che i mariti si comportino così”.
 
Già all’inizio della convivenza, ha denunciato la signora, le arrivavano schiaffi, spintoni e offese se si lamentava con lui perché rincasava tardi la notte. In un’occasione lui l’avrebbe insultata e accusata di averlo tradito solo perché aveva ricevuto in casa un amico di famiglia. Poi le violenze si erano spinte più in là: la persona offesa ha ricordato in particolare un episodio, verificatosi durante un capodanno, mentre lei era incinta. Dopo una lite, il marito l’avrebbe colpita con un pugno al volto, intimandole poi di non raccontare in ospedale che era stata picchiata, perché sarebbe stato per lei motivo di vergogna. Perfino un’amica della donna, colpita per errore con una sedia durante un litigio coniugale, le avrebbe detto di non lasciare il marito “perché nella nostra religione si deve accettare tutto”: il sostituto procuratore Alessia Rosati lo ha ricordato nel corso della discussione, al termine della quale aveva chiesto otto anni di carcere per l’uomo. Il pubblico ministero ha menzionato i referti medici, le testimonianze, ma soprattutto i particolari forniti dalla querelante, specie riguardo ai due stupri di cui riferiva di essere stata vittima quando la relazione era ormai finita: “Piangeva e urlava disperata il nome del fratello, l’unica persona che l’aveva sempre protetta”. “È forse l’unico che abbia raccontato le cose in modo sincero” concorda l’avvocato Delfina Quaglia, rappresentante della parte civile: “La signora ha accettato tutto per mantenere unita la famiglia, compresa la presenza di una seconda moglie”.
 
Secondo l’imputato, invece, sarebbe stata proprio la sua scelta di contrarre un secondo matrimonio religioso in Senegal a far precipitare le cose: “Io avevo diritto a un’altra moglie e lei mi minacciava, dicendo che mi avrebbe rovinato la vita”. I maltrattamenti? “Mai, ho sempre amato le donne”. Nessuna concessione nemmeno riguardo alle accuse di stupro: “Non farei mai una cosa del genere alla madre dei miei figli”. Il suo difensore, l’avvocato Alberto Bovetti, ha denunciato incongruenze nella deposizione della persona offesa e dei vari testimoni sentiti. Riguardo alle violenze sessuali, in particolare, “non è credibile - sostiene la difesa - che si sia presentata dall’imputato da sola esponendosi a quel rischio, ma ancor meno che un mese dopo la violenza sessuale si sia presentata nuovamente da sola”.
 
Per i giudici invece la violenza è accertata, così come i maltrattamenti: l’imputato è stato dunque condannato a sei anni e sette mesi e al versamento di 20mila euro di danni all’ex moglie. Solo riguardo alle contestazioni sulle lesioni è intervenuta la prescrizione, mentre su un singolo episodio è stato assolto perché il fatto non sussiste.

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