È costata una pena di due anni, con la revoca della condizionale, la condanna per ricettazione emessa nei confronti di G.V., classe 1983, palermitano residente a Bra.
L’uomo era accusato di aver ricevuto un cellulare iPhone XR rubato dal suocero, N.P., classe 1958, originario di Saluzzo e residente a Racconigi. Quest’ultimo, che ha optato per la messa alla prova, ha scagionato il compagno della figlia, affermando che G.V. non sapesse nulla circa l’origine dell’oggetto. Era stato lui a regalarglielo, ha detto, dopo essersene impossessato nell’azienda in cui all’epoca - i fatti risalgono all’estate di due anni fa - lavorava come magazziniere, la Saint-Gobain di Savigliano.
Il prodotto di marca Apple faceva parte di un lotto di trenta telefonini che l’azienda aveva messo a disposizione di alcuni dipendenti selezionati, come cellulari di servizio. N.P. aveva firmato il ritiro di uno di questi a nome di un collega, in quel momento in ferie. Quando il diretto interessato era tornato e aveva chiesto il proprio telefonino, si era sentito rispondere che era già stato consegnato: da qui erano partiti i controlli interni che avevano portato alla denuncia - successivamente ritirata - contro il dipendente infedele.
Il coinvolgimento di G.V., gravato da precedenti per una rapina commessa a Sanfrè nel 2016, è emerso in una fase successiva. In particolare si è appurato che l’uomo avesse utilizzato il cellulare con una sim intestata alla convivente. Dall’iPhone rubato erano partite solo alcune chiamate a un centro di assistenza Tim, una circostanza che secondo il pubblico ministero Raffaele Delpui avvalorava l’ipotesi delittuosa: l’imputato, sostiene il rappresentante dell’accusa, avrebbe “provato” il cellulare per poi rivenderlo o farlo sparire in un secondo tempo, conscio della provenienza illecita.
Il giudice Sandro Cavallo ha disposto in aggiunta alla pena detentiva il pagamento di una multa di mille euro.