SAVIGLIANO - Processo a Giulio Golia, parla la difesa: “Mai una condanna per le ‘Iene’ in 26 anni di tv”

L’inviato della popolare trasmissione di Italia 1 è a giudizio per diffamazione, dopo la denuncia di un saviglianese che aveva definito “furbetto”

a.c. 20/03/2023 16:03

È sembrata richiamare a tratti un processo a un certo modo di fare informazione, più che a un imputato, la discussione in aula del caso che vede alla sbarra a Cuneo l’inviato de Le Iene Giulio Golia.
 
Golia è accusato di diffamazione a seguito della querela presentata da un tecnico ortopedico di Savigliano, Silvio Galfione. La contesa verte in particolare su una frase pronunciata dall’inviato della popolare trasmissione di Italia 1, durante un servizio del 2018. Al termine dell’intervista con lui, Golia si era riferito a Galfione come a un “classico furbetto che, fiutato il business, si è intascato l’idea”. Nel caso specifico l’idea sarebbe stata quella di Fulvio Marotto, un ex artigiano di Treviso, amputato di entrambe le gambe a seguito di una malattia, che aveva messo a punto un proprio modello di protesi. Marotto e Galfione, conosciutisi durante una fiera di settore, avevano collaborato per un periodo allo sviluppo di un prototipo. Poi i rapporti si erano interrotti, ma Galfione aveva presentato qualche mese dopo un brevetto che il trevigiano riteneva un plagio della sua idea. Nei confronti dell’ortopedico, va precisato, non è comunque stata avviata alcuna azione legale.
 
Per il patrono di parte civile, avvocato Carlo Blengino, quello delle Iene è “un racconto che non è una notizia”, ispirato da un modo di fare informazione basato “sul clickbait e sulla pubblicità”. L’ortopedico, ha aggiunto il suo legale, “si è visto additato come colui che ha ‘rubato le gambe’ a una persona disabile, dopo sette anni da una vicenda che l’aveva visto entrare in rapporto con Marotto e che nel 2018 era conclusa per tutti”. Il titolo del servizio era per l’appunto “L’uomo a cui hanno rubato le gambe”: quella presentata dalle Iene, sostiene l’avvocato, “è una storia con alcuni falsi, le allusioni al ‘business milionario’ di Galfione o al fatto che i loro brevetti siano ‘gli stessi’. Quella di Marotto è in effetti una bella storia, ma la storia che viene raccontata non è la sua, è quella di Galfione”. Non è vero, ha aggiunto ancora il legale, che Galfione non fosse stato in grado di spiegare nulla circa il suo brevetto, durante l’intervista: “Ma quello che aveva detto non era funzionale a scarnificare una storia che avrebbe generato indignazione, come è poi avvenuto”.
 
“In ventisei anni le Iene non hanno mai subito una condanna definitiva per diffamazione” ha obiettato il legale di Golia, l’avvocato Stefano Toniolo: non sarebbe stato lecito, ha aggiunto, sospendere la messa in onda del servizio solo perché Galfione si riteneva insoddisfatto dell’intervista. “Marotto si è visto ‘bruciare’ l’idea con la presentazione del brevetto da parte di Galfione” ha sostenuto il difensore, osservando che in questo senso non sia ingiurioso parlare di “idea rubata” o di “furbetto”: “La ricostruzione offerta dalla parte civile non è stata credibile né in intervista né durante il processo. Non si è colto quale fosse l’aspetto innovativo nel brevetto di Galfione”. In merito al fatto che la vicenda non fosse più “attuale”, si è replicato: “Non è vero, perché le protesi erano in fase di produzione da parte della società svizzera avviata da Galfione, poi messa in liquidazione un mese dopo il servizio delle ‘Iene’”. Nel servizio, in ogni caso, “i brevetti vengono definiti non ‘identici’, ma ‘molto simili’: una terminologia del tutto appropriata”.
 
Alle conclusioni della difesa si è associata l’avvocato di Mediaset, Giulia Mangialardi: “Non si pretenda di far credere che il servizio fosse finalizzato a un attacco ad personam verso Galfione. Il servizio era dedicato a celebrare l’esperienza e la reazione di Marotto all’ingiustizia che la vita gli aveva messo davanti”. Inevitabile, in questo senso, “soffermarsi anche sulla delusione provata da lui allorché è sfumata l’opportunità di realizzare il suo sogno. Le ‘Iene’ si inseriscono sul solco di questa esperienza, che era già stata oggetto di interesse da parte di testate e programmi radiofonici”. Il criterio di verità, ha aggiunto la rappresentante del responsabile civile, va interpretato in senso ampio nel caso del giornalismo d’inchiesta: “Non significa che vada bene pubblicare notizie false, ma che è sufficiente il requisito della verità putativa”.
 
Nei confronti dell’inviato la Procura ha chiesto una condanna pecuniaria alla sanzione di 2.500 euro. Il giudice si esprimerà l’8 maggio.

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