Le liti dopo un incidente stradale sono purtroppo materia ben nota ai tribunali, viste le conseguenze talvolta molto spiacevoli di questi alterchi. Meno comune è che una persona estranea venga aggredita per essersi in qualche modo “messa in mezzo”.
È quanto accaduto a un automobilista di Savigliano, che ha denunciato due pregiudicati del posto, D.C. e il figlio F.C., sostenendo di essere stato minacciato da entrambi e perfino malmenato dal più giovane. Il motivo? Aveva “chiesto strada” per poter svoltare ed entrare nel parcheggio di un bar, ovvero il luogo in cui pochi attimi prima il furgone dei due imputati si era scontrato con un altro veicolo in manovra. “Il fatto è grave ed è capitato a una persona pacifica che non aveva nessuna intenzione di provocare quella reazione” ha detto in sede di discussione l’avvocato Francesco Sabre, rappresentante di parte civile.
D’accordo il pubblico ministero Alessandro Borgotallo che al termine della requisitoria aveva chiesto la condanna a un anno di reclusione per D.C., il padre, e a 20 mesi per F.C., il figlio, più la revoca della sospensione condizionale per quest’ultimo: “Non possiamo sdoganare la possibilità che la gente si faccia giustizia da sé in strada, con frasi come quella che sarebbe stata pronunciata: ‘non ce ne frega nulla dei carabinieri’” aveva concluso il pm. A sostegno dell’ipotesi accusatoria c’erano anche i referti dell’ospedale che attestavano lesioni all’occhio sinistro della persona offesa. Ferite compatibili con il pugno che costui riferiva di aver subito da F.C., accusato per questo di lesioni oltre che di minacce e violenza privata, i due capi d’imputazione di cui doveva rispondere suo padre. Entrambi hanno negato di aver aggredito il malcapitato automobilista dal punto di vista sia fisico che verbale, così come di avergli impedito di raggiungere il bar per chiamare i soccorsi: anche questa contestazione faceva parte delle accuse.
“Che qualcosa sia successo è innegabile” ha riconosciuto l’avvocato Vladimiro Bertinetti, difensore degli imputati, negando però la sussistenza della violenza privata: “In aula si è detto che è stato impedito di fuggire e chiedere aiuto, ma ciò è smentito da tutti i riscontri. Il signore afferma che vicino a lui c’erano altre persone ma non ha mai chiesto aiuto. Voleva andare al bar e quando i carabinieri sono arrivati lo hanno in effetti trovato nel bar”. Quanto alle parole grosse volate, ha osservato il legale, “in una discussione accesa può scappare di dire ‘non me ne frega niente dei carabinieri’: è una risposta istintiva”.
All’esito dell’istruttoria il giudice Anna Gilli ha condannato F.C. a sei mesi per le lesioni e il padre D.C. a quattro mesi per la minaccia e la violenza privata. I due dovranno inoltre risarcire con 1500 euro la persona offesa.