Lo avevano sorpreso sul luogo del misfatto grazie alla segnalazione di un cittadino, residente nella zona di via San Bernardo a Savigliano. L’uomo stava rientrando in auto verso le ore 20 del 25 novembre scorso quando aveva visto aggirarsi un’auto sospetta: a colpirlo il fatto che il guidatore indossasse guanti da lavoro e che la macchina avesse effettuato un paio di svolte prima di fermarsi a fari spenti.
Quando poi aveva notato due persone scendere dal veicolo, coprirsi il volto e scavalcare una recinzione, il testimone aveva subito allertato i carabinieri che nel giro di cinque minuti si erano portati sul posto. I due sospetti malviventi a quel punto si erano già dileguati attraverso i campi, ma nell’auto si trovava una terza persona: dai successivi controlli sarebbe risultato trattarsi di V.P., 30enne di origini albanesi e residente nel Milanese, già gravato da due ordinanze di custodia cautelare in carcere con accuse di associazione a delinquere finalizzata ai
reati di furto e rapina in abitazione, ricettazione e violazione di domicilio.
Per accuse analoghe si è trovato a processo a Cuneo, dove però doveva rispondere anche di detenzione abusiva d’armi. Sotto un sedile dell’auto a bordo della quale si trovava era stata rinvenuta infatti una pistola Beretta calibro 635. I militari avevano appurato che almeno uno degli alloggi nelle vicinanze era già stato svaligiato: i ladri si erano introdotti da una finestra del bagno portando via preziosi e denaro contante custoditi in camera da letto. Le stesse identiche modalità con cui qualche giorno prima a Chieri in provincia di Torino era stato ‘visitato’ un appartamento: ai padroni di casa i criminali avevano sottratto anche le chiavi dell’automobile, la stessa sulla quale V.P. aveva viaggiato con i suoi complici fino a Savigliano.
Il procuratore aggiunto Gabriella Viglione ha ricordato nella sua requisitoria che “l’auto conteneva il corredo di questi ‘lavoratori in trasferta’: uno zaino con vari arnesi da scasso, una smerigliatrice, fascette da elettricista e un cavo”. Per V.P., presunto ‘palo’ della banda definito dagli inquirenti un soggetto di notevole spessore criminale, la pubblica accusa ha chiesto la condanna a sette anni e sei mesi di reclusione. La difesa rappresentata dall’avvocato Genovese ha invece insistito sul fatto che l’imputato, sorpreso in macchina, non potesse essere ritenuto concorrente nel furto avvenuto all’interno di un’abitazione.
Al termine dell’istruttoria il giudice Sandro Cavallo ha condannato V.P. a quattro anni di reclusione e a mille euro di sanzione, confermando la detenzione domiciliare. Per la pistola Beretta è stata disposta la consegna al RIS dei carabinieri di Parma, che ne aveva fatto esplicita richiesta per motivi di studio e collezione.