Ammonta a due anni e sei mesi la pena chiesta dalla Procura nei confronti di S.B., imprenditore agricolo di Racconigi a
processo per truffa aggravata finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche.
L’accusa riguarda la compravendita di un sollevatore telescopico che l’agricoltore sostiene di aver acquistato presso un’officina di riparazioni di Sant’Albano Stura al prezzo di 103mila euro più Iva, avvalendosi di un contributo di 37400 euro che la Regione Piemonte aveva stanziato nell’ambito di un piano di sviluppo rurale.
Dai successivi controlli fiscali sul titolare dell’officina, S.P., era emersa però una fattura relativa allo stesso mezzo che indicava la somma di 47mila euro. Gli inquirenti avevano quindi ipotizzato che quello fosse il prezzo reale dell’acquisto ma che S.B. - d’accordo con il venditore - lo avesse ‘gonfiato’ per ottenere un contributo regionale che arrivasse a coprire gran parte della sua spesa effettiva.
La segnalazione dell’Agenzia delle Entrate di Saluzzo nel 2013 aveva fatto scattare le indagini della Guardia di Finanza che hanno portato al rinvio a giudizio di entrambi i protagonisti della presunta truffa. S.P., il venditore, ha ammesso le sue responsabilità e patteggiato la pena, sostenendo di essersi prestato a coprire la frode architettata da S.B. ma di non aver ricevuto da lui alcun compenso. L’imputato, dal canto suo, afferma di aver scoperto solo a seguito dell’indagine fiscale che “S.P. aveva sostituito la regolare fattura di 103mila euro da me pagata con una di minore importo, allo scopo di abbattere l’Iva e l’imposta sui redditi”.
Il pubblico ministero Luigi Dentis tuttavia non crede a questa versione dei fatti, ritenendo plausibile che vi sia stato un “enorme ricarico tra il valore effettivo e quello indicato in fattura”. L’imprenditore avrebbe prima versato gli assegni e poi ottenuto una serie di ‘restituzioni’ sottobanco in contanti.
Ipotesi smentita in maniera categorica dal difensore, l’avvocato Luca Martino, il quale ritiene del tutto inattendibili le dichiarazioni rese dal titolare dell’officina: “Era lui che aveva tutto l’interesse a ‘sgonfiare’ la fattura. Si tratta del resto di un evasore seriale con pesanti esposizioni economiche che ha già ricevuto una condanna per falsa testimonianza dal tribunale di Torino”. Il sospetto del difensore è che S.P. abbia voluto patteggiare per la truffa alla Regione “perché era indifferente rispetto a una condanna per frode fiscale, che anzi forse gli sarebbe pesata di più e avrebbe rischiato di farlo finire in carcere”.
Quanto al fatto che la somma di 103mila euro potesse essere spropositata per quel mezzo, l’avvocato rileva che “forse S.B. avrebbe potuto trovarne a prezzi inferiori se avesse cercato più a lungo, ma non aveva tempo: c’era il bando regionale in scadenza e la sua azienda aveva urgente bisogno di quel sollevatore”.
Il prossimo 6 febbraio è attesa la sentenza del giudice.