Il mio primo incontro con il Circo Bidon è avvenuto la notte del 17 maggio 2023. Sono state le immagini in bianco e nero del reporter francese Bernard Lesaing a portarmi dentro il mondo di François Rauline e della sua compagnia. Le immagini del fotografo francese mi hanno rapito fin da subito, trascinandomi dentro il sogno di François, dentro a un circo che è festa quando arriva e si ferma nei paesi che incontra nel suo viaggio. Volti, sguardi, sorrisi, qualche bacio, bambini che giocano insieme agli animali, momenti di intimità...Sfogliare le pagine di “Cirque Bidon”, pubblicato nel 1981, significa assistere a uno spettacolo nello spettacolo: la vita che scorre. Grazie a Lesaing ho potuto vedere il circo e respirarne l'atmosfera negli anni in cui è nato, ovvero fine anni '70 (nel 1976 ad essere precisi). Non avevo quel libro per caso. A volte il destino ti porta in una mansarda della provincia cuneese e ti fa incontrare Jane Rose Speiser, regista, scrittrice e artista americana, che nel 1986 girò un documentario sul circo Bidon, in collaborazione con il produttore e regista genovese Ciro Abd El. A fare da tramite del nostro incontro il cuneese Umberto Arione, all'epoca assistente cameraman. Quando arriviamo al Baladin Open Garden di Piozzo, quel circo -nato dal sogno di François Rauline di cambiare vita- mi sembra già di conoscerlo. Le fotografie di Lesaing testimoniano un mondo fatto di carrozze trainate dai cavalli, di pasti condivisi dentro le carovane, di momenti di allestimento di una struttura priva del classico tendone. Al circo Bidon, Le chapiteau è il cielo. É tutto molto simile alle fotografie e continuerò a immaginare le stelle e la luna, tagliate fuori dalle inquadrature, perché la notte che precede il week end di allerta meteo il cielo è coperto. Inizia lo spettacolo: acrobati, trapezisti, clown, musicisti, cavalli, galline...I numeri si susseguono in uno spettacolo fatto di vita, arte, comicità e poesia. Tra gli spettatori c'è anche Teo Musso. Il suo incontro con gli artisti girovaghi del Cirque Bidon, nel 1984, segnerà la sua esistenza e il suo progetto di vita: sarà François, nel 1985, a aiutarlo nel rinnovo del pub sulla piazza del paese. É a lui che si deve l'idea del nome Le Baladin (il cantastorie). Riesco a vederlo a distanza piuttosto ravvicinata François, dalla posizione in cui sono. Quando non è in scena siede a un tavolino. L'abito scuro, il cappello, le ginocchia accavallate su cui poggiano le mani incrociate, lo sguardo fisso e assorto. Ogni volta che i miei occhi cadono in quella direzione mi domando a cosa pensi. Forse a quella pagina bianca su cui scrivere il sogno che si vuole creare. Questo è lo spettacolo del circo Bidon. Questa è la vita.
Il giorno seguente mi incontro di nuovo con Jane al Circolo di Sant'Antonio Aradolo, seconda tappa del suo soggiorno cuneese. È lì che le faccio qualche domanda per la mia breve intervista. Non prima di essermi fatta raccontare di Woodstock, dell'esperienza del Project One di San Francisco, della sala di incisione del Chelsea Hotel, di controcultura...
Come sei entrata in contatto con il Circo Bidon?
“Ho visto il Circo Bidon per la prima volta nel 1986 su una piazza di Borgomaro, paese dell'entroterra ligure in cui vivevo all'epoca. Da bambina sognavo di fare l'acrobata e sono da sempre una grande appassionata di cavalli, animali che ho sempre amato molto pur non cavalcando. Incontrare un circo che andava in giro con le carrozze trainate da questi animali mi entusiasmava parecchio perché, per me, lo spirito del circo coincideva con l'essere in movimento, significava non essere radicati in un unico luogo e viaggiare a una velocità umana per essere connessi con il territorio -viaggiare a passo di cavallo è un altro tipo di viaggio rispetto a quello in macchina. L'idea di viaggiare per le strade statali e secondarie, arrivare in un comune e chiedere il permesso di mettere su uno spettacolo nella piazza principale, allestire le strutture portanti e fare il giro del paese per annunciare lo spettacolo (una sorta di parata che negli anni '80 era l'unica forma di pubblicità possibile) esibirsi e poi, a fine serata, chiedere le offerte, beh...era un approccio allo spettacolo che, al di là della bravura e della preparazione professionale degli artisti circensi, ti permetteva di essere vicino al pubblico e in contatto con la dimensione del viaggio. Un viaggio essenzialmente autosufficiente perché vivevano nelle loro carovane. Per me era un modello di vita di grande importanza filosofica, motivo per cui ho voluto filmarli”.
È stato difficile entrare nelle dinamiche della compagnia e farti accettare per realizzare il documentario?
“Io avevo spiegato a François perché volessi filmarli ma loro erano cauti. In quel momento c'era una grande divisione tra chi agiva compiendo scelte di vita significative e chi voleva fare soltanto l'avvoltoio tramite i mezzi di comunicazione. In quel periodo, però, stavano cercando qualcuno che li aiutasse nel viaggio perché viaggiare lentamente sulle strade di campagna era pericoloso. Gli automobilisti non si aspettavano certo di incontrare una carovana di carrozze e cavalli nei loro tragitti. Serviva un'automobile che viaggiasse in coda alla carovana per segnalarne la presenza. Così ho montato una tenda sopra il portapacchi della mia vecchia alfa romeo arrugginita e ho seguito il Circo Bidon per un mese, dando una mano a allestire le strutture e condividendo con loro la quotidianità, per poter entrare nello spirito della compagnia e nella filosofia che avrei voluto raccontare. Solo allora ho chiamato il mio socio Ciro Abd El e Umberto, all'epoca suo assistente, e abbiamo iniziato le riprese, che sono durate tre giorni. Eravamo a Vernante. Io e Ciro siamo stati i primi a filmare il circo Bidon, a realizzare un documentario che non raccontasse solo lo spettacolo ma la vita della compagnia, intervistando tutti quelli che ne facevano parte per capire le ragioni per cui avevano intrapreso questo modello di vita. C'era stato il reportage di un fotografo francese, Bernard Lesaing, ma nessuno aveva mai fatto un documentario in cui il circo diviene un grande simbolo legato al diritto dell'uomo di viaggiare e di essere nomade”.
E che mi dici di François Rauline?
“François è l'uomo che ha inventato lo spirito del Circo Bidon. Quello che rendeva unico lo spettacolo era il senso di autoironia di François, il sapersi prendere in giro con una comicità tenera e raffinata. Gli artisti che entrano in compagnia, ognuno professionista della propria disciplina, entrano dentro questo spirito che, oltre a divertire il pubblico, porta in scena il loro stile di vita e fa riflettere. La scena iniziale in cui François rimprovera un attore di non aver tolto i panni stesi, al di là della comicità dell'attimo, racchiude la riflessione sullo stile di vita della compagnia e la filosofia del Circo Bidon stesso. Una compagnia che ancora oggi vive non su camper di ultima generazione tecnologica ma su carrozze simili a quelle degli inizi, costruite da François, a fine anni '70, quando decise di cambiare vita. Quello di François e degli artisti del circo Bidon è più di di un semplice stile di vita perché tenere insieme una squadra in quelle condizioni, con la fatica di montare tutto l'apparato fisico del circo, assicurare il nutrimento per i cavalli e tutto il resto -oggi il Circo Bidon ha legami istituzionali ma un tempo, quando era agli inizi, era tutto più difficile- è a tutti gli effetti una vocazione”.
Hai ritrovato quello spirito di cui parli nel nuovo spettacolo di François?
“Assolutamente sì. A fine spettacolo parlavamo proprio di questo. Gli ho detto che la dimensione autoironica è quella che più ha saputo portare avanti nel tempo: una comicità che non è solo a spese degli altri ma che sa prendersi in giro, che gioca con la comicità del movimento, rifacendosi alla gestualità dei grandi attori comici dei film muti. Una comicità antieroica e non graffiante”.
“Chacun ses rêves” andrà in scena al Baladin Open Garden di Piozzo fino al 24 maggio. Per informazioni e aggiornamenti su variazioni in caso di maltempo: 3406076351/
www.baladin.it. Biglietti su
Vivaticket ( € 15 + 2 euro di prevendita per gli adulti e €10 + 2 euro di prevendita per i bambini fino ai 12 anni) o sul posto (fino ad esaurimento) senza diritto di prevendita. Fino al 25 giugno è possibile visitare “La poesia del Cirque Bidon”, mostra di acquerelli di Gabriella Piccatto.