ALBA - Pertinace, l'imperatore romano 'buonista' a cui la provincia di Cuneo diede i natali

Figlio di uno schiavo liberato, regnò per soli 87 giorni. Poi fu vittima di un complotto dei pretoriani ai quali aveva tentato di imporre una ferrea disciplina...

Samuele Mattio 01/11/2019 12:37

“Pertinace fu creato Imperadore contro alla voglia de’ soldati, li quali, essendo usi a vivere licenziosamente sotto Commodo, non poterono sopportare quella vita onesta, alla quale Pertinace gli voleva ridurre; onde avendosi creato odio, ed a questo odio aggiunto dispregio per l’esser vecchio, rovinò ne’ primi principii della sua amministrazione. Onde si deve notare che l’odio si acquista così mediante le buone opere, come le triste; e però, come io dissi di sopra, volendo un Principe mantenere lo Stato, è spesso forzato a non esser buono; perché quando quella università, o popolo, o soldati, o grandi che sieno, della quale tu giudichi, per mantenerti, aver bisogno, è corrotta, ti convien seguire l’umor suo, e sodisfarle; e allora le buone opere ti sono inimiche”.
 
Così Nicolò Machiavelli, parlava nella sua opera più famosa, 'Il Principe’, di Publio Elvio Pertinace. Ma chi era costui? Perché il fondatore della scienza politica moderna lo taccia di 'buonismo' ante litteram? E soprattutto: perché dovrebbe scriverne un quotidiano online della provincia di Cuneo?
 
Partiamo dal fondo. Se la maggioranza degli albesi è certamente edotta sulla vita dell'imperatore romano al quale oggi è intitolata una delle piazze più note della capitale del Tartufo, è probabile che il resto degli abitanti della provincia Granda non conosca, se non per sommi capi, la figura di questo antenato così importante. Tentiamo, nel nostro piccolo, di accendere una fioca luce sulla sua storia.
 
Figlio di Elvio Successo, un liberto (vale a dire uno schiavo affrancatosi per meriti n.d.r.), e di Lollia Acilia Composa, di cui poco o nulla è giunto ai giorni nostri, Publio Elvio Pertinace nacque il 1° agosto del 126 d.c. ad Alba Pompeia (non offendiamo l'intelligenza del lettore suggerendo il nome attuale della città), molto probabilmente nella località che oggi porta il suo nome, ubicata tra Barbaresco e Treiso. Alla fine del secondo secolo dopo Cristo Alba era un centro importante del basso Piemonte, zona un tempo dominata dai Liguri, ma oramai romanizzata dopo secoli di lotte. Faceva parte della 'regio IX Liguria', una delle undici divisioni regionali in cui Augusto ripartì l'Italia.
 
Il nome che Successo diede all’erede simboleggiava la risolutezza con la quale egli stesso aveva condotto il mestiere di commerciante di lana, riscattando la sua condizione di schiavo e diventando benestante. Fu proprio grazie alle cospicue finanze paterne che Pertinace potè ottenere una buona educazione. Si spostò dunque a Roma, dove seguì le lezioni di Gaio Sulpicio Apollinare, retore cartaginese.
 
In seguito intraprese il mestiere di insegnante (grammaticus), che presto abbandonò a causa degli scarsi introiti. La carriera militare gli porterà maggiori fortune.
 
Arruolatosi come equestre sotto l'imperatore Antonino Pio, raggiunse in breve tempo il grado di centurione grazie all'interesse dell'ex console Lolliano Avito, parente del padre. In seguito non ebbe più bisogno di ‘raccomandazioni’ e fece tutto per meriti propri. Divenne 'Tribunus Militum', ovvero uno dei sei ufficiali militari che sotto la guida del ‘Legatus Legionis’ comandavano una legione. A 24 anni, grazie all'appoggio del generale Tiberio Claudio Pompeiano, alla cui figura è ispirato il colossal di Ridley Scott, con Russel Crowe nel ruolo di protagonista, ’Il Gladiatore', assunse il grado di 'Praefectus cohortis' della IV coorte di cavalleria, di stanza in Siria, che già all’epoca era una terra di lotte e sofferenza. In questo periodo Pertinace combatté contro i Parti e gli Armeni lungo il confine orientale e partecipò sotto Lucio Vero, correggente dell’impero sotto Marco Aurelio, alla campagna in Mesopotamia.
 
Al termine della guerra contro i Parti inanellò una promozione dietro l'altra, venne prima trasferito in Britannia, di stanza presso il Vallo di Adriano, poi presso la provincia di Mesia, a lottare contro i barbari sul caldo confine danubiano. Dalle parti dei territori corrispondenti alle attuali Serbia e Bulgaria Pertinace ottenne la più alta carica militare della carriera equestre, la ‘militia tertia’. Aveva 42 anni.
 
Giunto al vertice della carriera militare ottenne svariati incarichi di prestigio nell'amministrazione civile. Prima diventò il responsabile della distribuzione dei rifornimenti lungo la via Emilia, poi prefetto della flotta di Colonia e infine venne nominato procuratore della ricca provincia della Dacia (che comprendeva i territori dell'attuale Romania, parte della Bulgaria e dell’Ungheria), foraggiato da un lauto stipendio di 200 mila sesterzi.
 
Quando la sua posizione sembrava essersi stabilizzata finì al centro di una faida politica che aveva nel mirino il suo mentore, Claudio Pompeiano. Il generale, che nel 169 d.c. aveva sposato la figlia dell'imperatore, vedova di Lucio Vero, fu vittima di una congiura. Sulle conseguenze di questa Pertinace fu rimosso dal suo incarico dall'Imperatore Marco Aurelio, ma riconquistò immediatamente la sua piena fiducia, tant'è che nel giro di pochi mesi fece il suo ingresso in Senato e combatté al fianco del sovrano nella Rezia e nel Norico.
 
Nel 175 d.c. raggiunse il rango consolare, ma fu ancora al fianco dell'imperatore per soffocare una rivolta scoppiata in Siria. In quegli anni la considerazione che aveva Marco Aurelio di lui era massima e ottenne il titolo di Comes Augusti e nuovi importanti incarichi militari in Mesia e in Dacia, terre che aveva ben conosciuto nei suoi trascorsi.
 
Quattro anni dopo venne nominato governatore della provincia imperiale della Siria, la più importante di tutto l'impero per valenza politica e strategica. Rimarrà in carica fino al 182 d.c.: due anni prima salì al trono Commodo, che non aveva simpatia per Pertinace. Fu il suo braccio destro Perenne, potente prefetto del Pretorio ad allontanare il nostro dalla politica attiva (sulle conseguenze della congiura fallita di Lucilla, moglie di Pompeiano). Questi ritornò ad Alba Pompeia dove, grazie alle conoscenze acquisite da ragazzo, si dedicò con profitto al commercio.
 
Passarono altri tre anni e l'esilio ligure di Pertinace terminò con la scomparsa di Perenne, condannato a morte dallo stesso imperatore poiché sospettato di aver architettato un complotto ai suoi danni. Pertinace rientrò nelle grazie di Commodo e sua carriera riprese a gonfie vele: comando militare in Britannia, procuratore degli alimenti, proconsole in Africa (dove affrontò le insurrezioni dei sacerdoti della dea Tanit), prefetto urbano a Roma, infine, nel 192, l'imperatore lo volle come collega ordinario nel consolato.
 
Commodo, descritto dagli storici come crudele e depravato (in molti ricorderanno la straordinaria interpretazione di Joaquin Phoenix nel film campione d’incassi che abbiamo già  citato), venne assassinato l'ultimo giorno dello stesso anno da un complotto ordito ai suoi danni dalla concubina Marcia, dal prefetto del pretorio Leto e dal cubiculario Ecletto.
 
Quella stessa notte Publio Elvio Pertinace venne acclamato imperatore grazie all'appoggio dei vertici militari e di un ampio consenso popolare. Il suo passato 'non aristocratico' gli valse anche l'appoggio del Senato. Secoli dopo le guerre romano-liguri un cittadino di stirpe italica, nativo di Alba Pompeia diventò imperatore di Roma.
 
Durante il suo regno ripristinò la legalità, abolì i processi di lesa maestà, richiamò gli esiliati, riabilitò la memoria degli oppositori liquidati da Commodo, restituendo alle famiglie i beni confiscati. Vendette all'Incanto i beni voluttuari del predecessore e con il ricavato provvide alle esigenze dell'amministrazione imperiale. Distribuì doni al popolo, condonò i debiti delle pensioni alimentari contratti sotto Commodo e agì in favore dell'imprenditoria.
 
Nello specifico fu energica la sua azione per quanto riguarda l'agricoltura, con provvedimenti volti alla bonifica dei numerosi latifondi incolti in Italia e nelle province attraverso la concessione di questi a chiunque volesse coltivarli con particolari condizioni enfiteutiche che prevedevano per dieci anni l'esenzione dai tributi.
 
La figura di Publio Elvio Pertinace pare essere in grado di riassumere i tratti dello spirito ligure tramandati in forma mitostorica dalle fonti classiche. Di umili origini, eccezionalmente determinato e risoluto, mite nei modi, di grandi doti organizzative e di indubbie capacità militari.
 
Dopo 87 giorni di regno venne ucciso per mano degli stessi pretoriani. L'imperatore, plasmato da anni di dure guerre, aveva tentato di imporre loro una ferrea disciplina. Non ci riuscì. Fu questo il motivo che gli valse la reprimenda postuma di Machiavelli. “...volendo un Principe mantenere lo Stato, è spesso forzato a non esser buono; perché quando quella università, o popolo, o soldati, o grandi che sieno, della quale tu giudichi, per mantenerti, aver bisogno, è corrotta, ti convien seguire l’umor suo...”.
 
Dopo di lui la carica di imperatore fu addirittura venduta all'asta. Il ricchissimo senatore Didio Giuliano che si accaparrò il titolo non sopravvisse che poche settimane, ucciso da un sicario del Senato. Nel mentre Settimio Severo e le sue legioni dell'Illirico si apprestavano a dare un nuovo imperatore e una nuova dinastia a Roma, quella dei Severi, che regnerà per più di un secolo.

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