CUNEO - Aspettando Sanrito: Fil Debet

Undici piccole interviste alla scoperta dei concorrenti che saliranno sul palco del "Piccolo Festival di Grandi Canzoni" all'Auditorium Foro Boario il 9 e il 10 febbraio

Francesca Barbero 24/01/2024 07:11

Il 9 e il 10 febbraio, torna “Sanrito -Piccolo Festival di Grandi Canzoni”, quest'anno giunto alla nona edizione. Nell'attesa di ascoltare dal vivo i loro brani, abbiamo fatto qualche domanda agli undici concorrenti che si esibiranno, accompagnati dalla Good Night Orchestra, sul palco dell'Auditorium Foro Boario. Oggi è il turno di Fil Debet (Torino),all'anagrafe Filippo Zimarro, in gara con "Terra".
 
Chi è Fil Debet? Come definiresti la tua musica? 
“Sono cresciuto a Ovada, un paese provincia di Alessandria, ho iniziato a suonare e scrivere dalle scuole medie. Dopo qualche esperienza all'interno di una band, mi sono dedicato all'autodidattismo, ampliando lo studio di alcuni strumenti e della produzione. Nel 2017 ho iniziato a costruire uno studio nella soffitta di casa di mia nonna. Intento a capire come cavolo fare tutto da solo, incontrai quelli che poi sarebbero diventati i miei produttori: Francesco e Alessandro. Grazie a loro, ho dato forma a una massa creativa, scoprendo un legame profondo tra le canzoni che avevo scritto. Dopo quasi due anni di lavoro, è nato un album che passa attraverso spazi sospesi e onirici. Non c'è nessuna verità assodata ma tante domande, paure, insicurezze, dolore, senza trascurare alcuni momenti di spensieratezza e leggerezza, che ho vissuto io come tanti giovani della mia generazione. Il tutto condito con un pizzico di psichedelia e una produzione che vuole richiamare un sapore anni '70. La canzone che presenterò a Sanrito fa parte di questo progetto, attualmente in fase di mixaggio. ”.
"Terra" è il titolo della canzone in gara. Quali tematiche affronta?
“Il brano esplora il desiderio comune di stabilità, sicurezza e rassicurazioni come rifugio dalla complessità della vita. Questa ricerca può condurre alla perdita di sé, all'abbandono dei propri sogni e alla creazione di un'illusoria solidità in un mondo in costante cambiamento. Siamo intrappolati in uno spazio-tempo mutevole e l'idea di trovare un punto fermo è tanto impensabile quanto paradossalmente attraente. L'assurdità di fermare il tempo dove pensiamo di stare bene ci porta a lasciare una parte di noi nei ricordi. Essi ci consumano, ci bloccano, ci ingannano. Spesso, per paura, si preferisce rimanere con i piedi ancorati ad una terraferma che non esiste, mentre dovremmo imparare ad affrontare le onde e accettare che queste, prima o poi, porteranno via anche l'ultima parte di noi rimasta”.
Perché hai deciso di partecipare a Sanrito? È la tua prima volta al festival?
“Sanrito mi ha subito dato l'impressione di essere il posto giusto dove potermi mettere alla prova e far conoscere la mia musica ad un pubblico appassionato e aperto a nuove esperienze. Credo fortemente nell'importanza di sostenere e partecipare a iniziative locali, poiché esse offrono un'opportunità unica di connessione diretta con il pubblico e di condivisione della musica in un contesto più intimo e autentico. Sono convinto che Sanrito rappresenti un'ottima occasione per esibirmi anche al di fuori della mia comfort zone. Specialmente mi entusiasma l'idea di dover lavorare con un'orchestra e salire sul palco come cantautore e non come band, situazione alla quale sono più abituato. È giunto il momento di disperdere i frutti di un lavoro che mi ha coinvolto con tutto me stesso e in cui ho dato tutto quello che avevo”.
Il fil rouge dell'edizione di quest'anno sono i sogni. La musica è sogno? 
“La musica è un sogno sotto vari punti di vista. Dal mio, come per tanti altri, la musica assume il ruolo del 'lavoro' dei sogni. In una società in cui si è costretti a lavorare per vivere, poterlo fare con la musica rappresenta per me il più alto punto di gratificazione e realizzazione. Ho la musica in testa tutti i giorni e spesso arriva anche all'interno del mio mondo onirico: più volte è capitato che mi svegliassi la mattina o nel cuore della notte con una canzone da buttare giù in fretta e furia, prima che il ricordo svanisse. La musica mi si palesa nei momenti più disparati con il fragore di colpo di fucile, vengo letteralmente folgorato da un'idea e immediatamente cerco di imbrigliarla con tutti gli strumenti possibili. Questa battaglia avviene nella mia testa e nessuno può immaginarsi cosa stia accadendo. La musica è volatile, eterea, fluida e scivolosa, non omogenea e impossibile da inscrivere in una comune accezione. Forse non andrei molto distante da queste parole se mi chiedessero di descrivere cosa sia un sogno”.
Salutiamoci con il ricordo del sogno che hai fatto ieri notte, un tuo sogno nel cassetto oppure uno già realizzato...
“Ieri ho fatto un sogno banalissimo per un musicista. In salotto avevo una chitarra di colore rosso acceso con dei dettagli in bianco avorio, la parte frontale era normalissima, ma una volta vista lateralmente, questa si stratificava in quattro diverse sezioni di strumenti a corda, come un basso, un violoncello, una chitarra acustica e così via. Non ho idea di come concettualmente potesse stare insieme però ecco proprio per questo l'ho solo osservata, neanche suonata”.
 

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