CUNEO - “il raccolto”: ecco il nuovo album degli Airportman

Nel nuovo disco della band, nato in "un angolo soleggiato e senza vento" delle campagne cuneesi, il suono del tempo che passa, degli incontri voluti dal caso e della vita

Francesca Barbero 10/01/2023 20:15

“il raccolto” è il nuovo album degli Airportman, il 18º lavoro, dalle sonorità post rock, che si va ad aggiungere alla ricca discografia di una band nata nell'estate 2003 quando Giovanni Risso e Marco Lamberti danno vita al progetto. L'album, mixato da Paride Lanciani all'Oxygen Studio di Verzuolo, vede la partecipazione di Stefano Giaccone, Francesco Alloa e Carlo Barbagallo. Un disco che è una “riflessione sul tempo che passa”, nato in un “angolo soleggiato e senza vento”, nella semplicità e nella verità di un luogo speciale delle campagne della provincia cuneese. Un disco “che viaggia tra passato, presente e futuro” sul filo di ricordi e incontri voluti dal caso, poi diventati amicizie, come quello con Stefano Giaccone in una “fredda cantina di Canelli”. Ed è insieme a Stefano Giaccone che gli Airportman saliranno sul palco del Cinema Teatro "Magda Olivero” di Saluzzo, il 21 gennaio, ore 21, con “Tony Buddenbrook: le stesse cose ritornano. Airportman 1998-2023 corpo e anima”, un concerto che sarà una riproposizione integrale e integralmente riarrangiata dell'album “Le stesse cose ritornano” del 1998, firmato da Stefano Giaccone con lo pseudonimo di un personaggio del romanzo “I Buddenbrook. Decadenza di una famiglia” di Thomas Mann. In apertura “Le cose diverse rimangono”, una Ouverture  dello stesso Giaccone con Lalli, Stefano Risso e  Allius.
 
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"il raccolto" è il titolo del nuovo album. Che cos'è il raccolto, per gli Airportman?
"Questo nuovo lavoro è nato su una riflessione: il tempo che passa, uno sguardo al passato, uno al presente ed uno sul futuro. Il testo recitato su 'la yurta montata' descrive alcune istantanee della nostra vita nei tre momenti temporali del passato, presente e futuro. Il viaggio è il filo conduttore del tempo che passa, i legami che resistono al tempo: l’incontro casuale con Stefano Giaccone in una fredda cantina di Canelli, l’arrivo del mio cane, diventato compagno di vita, lo sguardo di un padre alla vita. Il raccolto è musica non facile, racchiude in un flusso pressoché ininterrotto tutta la complessità delle nostre esistenze, le nostre delusioni, le conquiste, i figli, le aspettative, la semplicità di un campo di kiwi ed il suo mare limpido, angoli di mondo assolati e senza vento. Il sax di Stefano (Giaccone) ha scritto il percorso, e la musica, come sempre, ha unito strade diverse in qualcosa di unico, come sa fare ogni volta!".
 
Sono le sonorità cupe del sax, su cui poi si introduce la batteria, a segnare l'inizio del viaggio nel nuovo disco. "il raccolto|The Pirate Song" è il primo pezzo, uno strumentale che quasi ti accoglie in un'atmosfera sospesa fino a raggiungere una nave pirata.
"'il raccolto|The Pirate Song' è il brano che dà il titolo al disco. In realtà questo brano è sostanzialmente l’ossatura di tutto il lavoro, rappresenta esattamente il percorso temporale che viene descritto nel testo di 'la yurta montata': è il suono di una vita, è la contaminazione di una vita, sono tante vite che si sono incontrate ed amate per tutto questo tempo. Sono notti interminabili a raccontarci il nostro viaggio, è il cercare una visione a questa esistenza e quella progressione sonora rappresenta esattamente questo. La conclusiva 'The Pirate Song' è una cover dell’omonimo brano tratto da “Hopes and Fears” degli Art Bears ed è stato quel brano a risuonare per tutto il viaggio a bordo di quella nave!".
 
"Nei kiwi c'è il mare" è il titolo della seconda traccia. Doveva essere il titolo del disco inizialmente. Qui le corde della chitarra e i suoni dell'acqua disegnano un paesaggio sommerso che a un certo punto sembra diventare quiete e silenzio.
"Questo brano è composto da plurime registrazioni ambientali, ad un ascolto attento si riescono a percepire tratti di concerti, di voci, di applausi, è un insieme di tanti concerti condivisi, noi e Stefano, sin dal primo incontro in una fredda cantina di Canelli. Il suono poi è stato trattato e riverberato sino alla conclusione dove un piccolo mantice di un harmonium accompagna una voce, un modo semplice per ringraziare quell’incontro".
 
La "yurta montata" è un lungo spoken in cui si fondono immagini, ricordi, volti. Torna più volte quell'"angolo soleggiato e senza vento", quasi un rifugio nella tempesta. Cosa rappresenta quella yurta?
"Sì, 'la yurta montata' racconta esattamente questo: immagini, ricordi, volti. In realtà racconta la nostra vita, fatta di piccole cose, come dice Fabi, una sommatoria di piccole cose… che rendono unica la vita di ognuno. Per noi è quell’angolo soleggiato e senza vento rappresentato da quella yurta, che è diventata, dopo anni di riposo sotto il portico, un luogo di una piccola comunità di amici che si incontrano per ascoltare quella musica che ci fa stare bene, ma anche un luogo dove semplicemente guardarci negli occhi e farci cullare da quelle notti così rassicuranti che si sono create nei vari appuntamenti".
 
Con la quarta traccia "Tony e la meraviglia” il viaggio si conclude. Il silenzio è interrotto da una voce femminile che nel riprendere “The Pirate Song” si unisce a quella maschile.
"L’ultimo brano è un ritorno a casa, la musica si fa morbida, più dolce, più facile…. È semplicemente tornare a casa…. E Stefano duetta sulla voce di Dagmar Krause direttamente cantando sul vinile che suona in soggiorno, una registrazione improvvisata per chiudere il viaggio". "il raccolto" non è un disco per tutti. Richiede un'immersione nell'ascolto a cui oggi non siamo più abituati, anche per la durata dei brani (17.48 minuti il più lungo). Occorre prendersi del tempo per godere delle sue sonorità e dei suoi spoken dalla dimensione ermetica. "Hai ragione, non è un disco facile… come non lo è la vita di ognuno di noi. Percorriamo strade diverse, ognuno per la propria, ed ognuna con le proprie difficoltà. 'il raccolto' ha il suono della nostra vita, giorni limpidi altri tempestosi, soddisfazioni e delusioni, ma penso abbia il suono dell’onestà, almeno per noi, niente filtri, solo gli sguardi più sinceri".
 
Non è la prima volta che registrate all'Oxygen Studio di Paride Lanciani. Com'è lavorare con lui?
"Paride è a tutti gli effetti l’elemento aggiunto degli Airportman al quale non possiamo rinunciare. Quando arriviamo nel suo studio (lo splendido Oxygen) e apriamo le tracce, tutto diventa naturale: Paride sa fin da subito dove bisogna andare, la giusta direzione, prende il timone della nave e ci conduce al suono definitivo, che senza di lui si poteva solo intravedere, ma che nelle sue mani diventa realtà, ed ogni volta rimango estasiato da quello che fa risuonare in quello studio. Prezioso ed unico!".
 
La grafica nei vostri dischi è un aspetto sempre molto curato e ricercato.
"Scelgo le copertine dei nostri lavori con cura, ma ogni volta aspetto che qualcosa mi colpisca...in questo caso ho intravisto alcune fotografie di Dionisio Capuano girare in rete...fotografie di un cielo limpido con una luce accecante, poi filtrate e lavorate. Me ne sono innamorato e sin da subito per me sono state le immagini de 'il raccolto'”.
 
 

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