Da qualche settimana nel dibattito culturale cuneese, peraltro sempre molto asfittico, è rientrato un tema di cui non si parlava da anni: i parchi letterari. È stata Cetta Berardo, saggista braidese, dalle colonne de “La Stampa” a lanciare il sasso nello stagno: “Un’idea per rimediare e anche innescare una sorta di orgoglio di appartenenza ad una provincia così ricca di talenti, con valori, idee e creatività che sono linfa per i giovani, superando i vari municipalismi non sempre fruttuosi, è creare un unico parco cultural-letterario del territorio, non solo vetrina per percorsi gastronomici, ma bosco di storie, personaggi, luoghi, dove passato e presente si fondono”.
La proposta è stata ripresa da Francesco Segreti, di Coumboscuro Centre Prouvençal, che si chiede: “Un parco letterario che prevede di calcare gli indubbi successi degli eventi con grandi nomi che movimenti molti visitatori, una sorta di turismo culturale piuttosto inedito da queste parti oppure un laboratorio in cui confrontare diversi percorsi animati in passato da artisti della provincia, dai figurativi ai letterati ai teatranti ai musicisti fino a quelli che utilizzano i media contemporanei?”. Coumboscuro propende senza esitazioni per la seconda ipotesi, ben consapevole delle difficoltà che comporta e della scarsa appetibilità di questa strada agli occhi degli amministratori locali e degli enti finanziatori, più sollecitati dalle paillettes e dai numeri dei grandi eventi. Il nostro giornale ha più volte manifestato la sua posizione, all’interno del dibattito sulla cultura cuneese, evidenziando le criticità dei grandi eventi. Siamo sicuri che sia proprio il parco letterario la strada da seguire? Vista la forte propensione italiana a creare carrozzoni e strutture che raramente sortiscono gli effetti desiderati, direi di andarci cauti. Aggiungiamo che superare i campanilismi in provincia di Cuneo è un’utopia. Se pur si volesse tentare quella strada, non è facile creare un parco letterario, prima di tutto perché “parchi letterari” è un marchio registrato, che appartiene ad una società commerciale.
I Parchi Letterari nascono dal desiderio dello scrittore Stanislao Nievo di preservare le storie letterarie e le pietre del suo Castello di Colloredo di Montalbano in Friuli, dove Ippolito Nievo scrisse le Confessioni di un italiano, crollato in seguito al terremoto del 1976. Nato come progetto editoriale si è trasformato nel tempo in una realtà radicata nel territorio e che comprende oggi una trentina di luoghi che hanno ispirato scrittori e poeti, dal Nord al Sud Italia. Si è in seguito costituita l’associazione “I Parchi letterari” che collabora con la Società Dante Alighieri e nell’estate 2009 è nata “Paesaggio culturale italiano srl”, una società che ha lo scopo di promuovere i parchi letterari d’Italia per fini turistici e culturali. In tale ottica i parchi letterari diventano dei veri e propri itinerari lungo i luoghi di vita e di ispirazione dei grandi scrittori. Al loro interno si possono organizzare visite guidate, eventi tematici ed anche attività legate al mondo dell’enogastronomia e dell’artigianato. “In questo modo - spiega il presidente dell’associazione, Stanislao de Marsanich - la letteratura diventa uno strumento di promozione turistica molto originale ed anche suggestiva che attraverso i grandi autori del nostro paese interpreta il territorio visto come un insieme di risorse ambientali, storiche, artistiche e di tradizione”.
Per essere accreditati come “parco letterario”, occorre seguire un complesso iter, che richiede motivazioni solide, risorse economiche, coordinamento e coesione tra gli enti proponenti. In Piemonte esiste un solo parco letterario “accreditato” nella rete nazionale, quello dedicato allo scrittore e partigiano Nino Chiovini (1923-1991) nel Parco Nazionale Val Grande (Verbania). Vent’anni fa, al di fuori della rete accreditata, era stato creato con grandi aspettative, anche grazie ad un finanziamento europeo, Il Parco Paesaggistico e Letterario "Langhe Monferrato e Roero", coordinato dalla Società Consortile “Langhe Monferrato Roero” con sede ad Asti, che si sarebbe dovuto occupare della valorizzazione, attraverso la vita e le opere, di alcuni grandi autori del Basso Piemonte: Beppe Fenoglio, Cesare Pavese, Vittorio Alfieri, Augusto Monti, Giovanni Arpino, Davide Lajolo.
Da qualche anno non se ne sente più parlare: il sito web è aggiornato al 2019. Molto più attive altre istituzioni, come l’associazione “Centro Studi di Letteratura Storia Arte e Cultura Beppe Fenoglio onlus”, che ha curato le iniziative per il centenario della nascita di Beppe Fenoglio e si occupa dell’animazione dei percorsi fenogliani. A Santo Stefano Belbo funziona bene la Fondazione Cesare Pavese. A Lalla Romano nel 2006 era stato dedicato uno “Spazio” a Demonte, ma la sua attività si è presto esaurita. Nuto Revelli è ricordato dalla Fondazione che porta il suo nome.
Credo che sia arduo innescare una strategia comune fra tutti questi enti per dar vita ad un progetto o ad una struttura di valenza provinciale, magari estesa ad altri settori artistici. Tra la propensione alle rivendicazioni locali e il rischio di creare carrozzoni probabilmente diretti da personaggi non cuneesi, credo che sia davvero difficile immaginare una struttura che si occupi della promozione culturale a livello provinciale. Arduo pensare anche solo ad un progetto o ad una qualche forma di federazione fra tutti gli enti interessati. Interessante una recente esperienza tentata in alta Langa: il Parco Culturale dell’Alta Langa, con sede a Monesiglio, che propone progetti innovativi come la banca del fare. Qualche timore, però anche in questo caso: il sito non sembra aggiornato e la maggior parte delle iniziative si sono svolte nel 2021. Il progetto, inoltre, rientra nel network di collaborazioni di una fondazione torinese che sforna un gran numero di progetti culturali nel sud del Piemonte. Il tema del “fermento culturale” cuneese è sul tavolo, ormai da anni. La strada è davvero quella del lavoro capillare sul territorio: allora cerchiamo gli strumenti più adatti per percorrerla, lasciando nel cassetto modelli che presentano più svantaggi che effettivi vantaggi per i territori.