La fantasia degli uomini si è esercitata da sempre nell’immaginare il futuro remoto. Agli occhi dei nostri bisnonni e trisavoli, l’anno 2000 doveva essere per antonomasia l’epoca delle macchine volanti e dei razzi supersonici. Se qualcuno di questi avi con la bombetta o la gonna di crinolina potesse tornare fra noi per pochi istanti, viene da credere, chissà quale delusione gli procurerebbe osservare lo stato dei trasporti nella provincia Granda. Tra il Tenda crollato e privo di raddoppio, l’eterna incompiuta dell’Asti-Cuneo e le tratte ferroviarie locali potate come rami secchi, ce n’è abbastanza per far passare ogni nostalgia dell’avvenire.
Eppure ci fu anche qui un’epoca in cui tutto doveva sembrare possibile. Perfino che un tram arrivasse sul selciato dell’attuale piazza Galimberti, al tempo piazza Vittorio Emanuele, come testimoniano molte immagini di oltre un secolo fa. L’era dei tram incomincia nel 1878: l’8 giugno l’impresa Belloli-Chiapello inaugura la locomotiva a vapore sul tracciato tra Cuneo e Borgo San Dalmazzo, uno dei primi in Italia. Il 23 novembre 1879 apre la tramvia Cuneo-Dronero, seguita undici mesi dopo dalla Cuneo-Saluzzo. A realizzarle, con un ingente sussidio dei comuni interessati, è il banchiere belga Adolphe Raoul Berrier-Delaleu. Il “principe dei tram” è un imprenditore entusiasta, ma non troppo prudente. Approfitta dei suoi errori il connazionale Rodolfo Coumond, che finirà per subentrargli come concessionario della Cuneo-Saluzzo. Nel 1882 Coumond fonda a Bruxelles la Compagnia Generale dei Tramways Piemontesi: nell’immaginario comune, per mezzo secolo, l’azienda sarà per tutti “la Belga”. La rete della CGTP in breve arriva a collegare Torino, Saluzzo e Cuneo e si espande fino a raggiungere uno sviluppo di quasi 190 km. Nella capitale del marchesato sorge la direzione operativa della compagnia. A Saluzzo vengono collegate la valle Varaita fino a Venasca (nel 1887) e la valle Po fino a Paesana (1905): ultima ad entrare in funzione sarà la tratta per Barge (1915). Nel 1903, intanto, si è aperto il collegamento da Cuneo a Boves, cui seguirà nel 1914 il prolungamento della Cuneo-Borgo San Dalmazzo fino a Demonte, per opera di un’altra compagnia, quella gestita dai fratelli Vigna Taglianti.
Rispetto alla ferrovia, attiva fin dal 1855 sulla linea Cuneo-Fossano-Savigliano-Torino, il tramvai ha il pregio di collegare diverse aree periferiche: lo fa per giunta a un prezzo più economico, rispetto a treni e diligenze. Certo, parliamo di convogli per i quali farà notizia l’innalzamento dei limiti di velocità dai 15 km orari, previsti in origine, fino a 20 o 25 km/h. Ma va tenuto conto che sulle strade dell’epoca, talvolta fangose e talaltra polverosissime, quasi sempre dissestate e solcate da miriadi di carri e viandanti, mettersi in viaggio è ancora un’autentica avventura. Il tram crea collegamenti tra centri urbani e campagne, incoraggia le gite fuori porta e schiude nuove possibilità ai liceali, non più costretti a soggiornare negli istituti religiosi quando vanno a scuola in città. Anche il commercio ne trae giovamento, in particolare quello dei bachi da seta e delle castagne che assicurano notevoli incrementi stagionali del traffico.
Passati i timori iniziali, legati anche ad alcuni incidenti, il popolino affibbia nomignoli affettuosi al “suo” tram: la locomotiva sbuffante è la s-ciônfetta, il vagoncino “la conigliera”, il carbone - per antonomasia - “Cardiff”. Fioriscono i proverbi: di una persona un po’ tarda di comprendonio si dice che è “come il tranvai”, cioè lenta. Ma lo si può sussurrare maligni anche alle spalle di una donna dai costumi allegri, sottintendendo in questo caso che chiunque possa “farci un giro”. Una leggenda urbana narra che, in presenza di salite difficili, il personale percorra i convogli gridando “prima classe seduti, seconda classe scendere, terza classe spingere”. È solo una diceria, tant’è che la terza sui vagoni della “Belga” nemmeno esiste. Ma alcuni controllori spiritosi cominceranno a ripeterla a loro volta per rallegrare i viaggiatori. Una storia vera è invece quella legata a un illustre frequentatore della linea, Giovanni Giolitti. Al presidente del Consiglio dronerese e al vescovo di Saluzzo la CGTP riserva uno scompartimento che nessuno dei due, tuttavia, vorrà mai utilizzare, preferendo il contatto con i passeggeri comuni. La carrozza resterà così tirata a lucido ma inoperosa, donde il detto “viaggiare come sul vagone di Giolitti”, con un duplice significato: può voler dire compiere un viaggio comodo e confortevole, oppure non muoversi affatto.
Nel capoluogo della Granda un ampio dibattito si accende quando, nel dicembre 1908, la ditta Vigna Taglianti presenta un progetto per allacciare la linea Cuneo-Borgo alla “Belga”. Il piano richiede la costruzione di una stazione tramviaria sulla piazza del mercato dei cavalli, odierno piazzale Bellavista. La scelta del luogo crea qualche problema, ma è soprattutto il passaggio in via Pascal a suscitare contrarietà. Anziché dal Foro Boario, si propone di far arrivare il tram in piazza da corso Re Umberto, l’attuale corso Soleri: qui il pericolo non è dato dal passaggio del bestiame, ma dal transito degli alunni delle elementari. La ditta s’impunta su via Pascal e minaccia l’amministrazione comunale di rinunciare al progetto, comportante una spesa di 200 mila lire, per allacciarsi alla rete ferroviaria di Borgo e lasciare Cuneo fuori dal traffico merci. Alla fine, nell’agosto 1913 i Vigna Taglianti accetteranno il tracciato che da discesa Bellavista arriva al rondò dei sospiri (largo De Amicis) e sbuca sulla piazza, passando da corso Re Umberto.
Man mano che il treno e l’autobus guadagnano spazio, però, il tramvai arranca sempre più. Nel 1928 il completamento della ferrovia Cuneo-Ventimiglia rende ancor meno remunerativo il servizio. La “Belga” è al passo d’addio: nel 1935 chiude le tratte minori per Boves, Paesana, Barge e Pinerolo, nel 1936 cede linee e impianti a una società nazionale, la SATIP. L’usura dei materiali è drammatica e la guerra dà il colpo di grazia alle attività. Passata la buriana chiuderanno anche la Cuneo-Dronero e la Cuneo-Saluzzo, nel 1948, infine la Torino-Saluzzo nel 1950. Due anni prima la stessa sorte era già toccata al tram della valle Stura, peraltro segnato da incredibili vicissitudini durante il conflitto. I bombardamenti si abbattono più volte sui 27 chilometri di linea ferrata. Il 19 agosto 1944 viene devastata la stazione di Cuneo, mentre a marzo dell’anno successivo quella di Demonte sarà distrutta da un attentato partigiano. L’episodio più drammatico si era verificato il 6 luglio: in risposta all’uccisione di due militari tedeschi in un’imboscata, il Comando germanico dispone il rastrellamento e la fucilazione di dieci giovani. Il drappello dei condannati viene radunato a Tetto Gallotto, sui binari: i tedeschi ordinano al treno in arrivo di passare sopra ai cadaveri, ma il personale a bordo rifiuta. Ne nasce una discussione, finché i poveri corpi vengono rimossi dalla via ferrata. A quel punto, però, il tramvai viene di nuovo bloccato e una vettura è colpita con il lancio di bombe a mano: moriranno due passeggeri, un uomo e una donna.
Bibliografia
Nico Molino, Il trenino di Saluzzo: storia della Compagnia Generale Tramways Piemontesi, Immagini e Parole, Torino, 1981
Silvano Taricco, Il tramvai di Demonte. Ricordi di una storia passata, Mauro Fantino Editore, Borgo San Dalmazzo, 2001