Un direttore sportivo scrittore? La Freedom, la squadra di calcio femminile di Cuneo che milita nel campionato di serie C, ce l’ha. È Luca Vargiu, genovese trapiantato a Carrù ormai da quasi 25 anni. Tra gli impegni lavorativi, il calcio e la famiglia, negli ultimi anni ha trovato anche il tempo di coltivare una delle sue più grandi passioni, la scrittura. L’ultimo suo libro è uscito pochi giorni fa: è un noir, “Dio ha paura del buio”. Titolo piuttosto impegnativo. “Ho ricevuto anche qualche critica sui social, ma mi piace veramente tanto, e credo che sia perfetto per questo libro. E poi ho anche chiesto al mio prete, che mi ha dato l’ok! (ride, ndr)”. Per Vargiu si tratta del secondo romanzo dopo “Cuore segreto”, storia che trattava un argomento importante come la donazione degli organi. Entrambi editi da Mazzanti Libri. Prima, invece, aveva scritto di calcio, mondo in cui si è imbattuto un po’ per caso e che adesso è una parte importante della sua vita. Anche se Luca ne ha denunciato “tutte le schifezze” che ha conosciuto negli anni da agente, raccolte in “Procuratore? No, grazie!”.
Luca, partiamo da “Dio ha paura del buio”. Cosa racconta?
“Questa parte per me è sempre difficile, perché nel raccontare il mio libro rischio puntualmente di spoilerare qualcosa, visto che succedono davvero tantissime cose. La storia è ambientata in un piccolo borgo tra il Piemonte e la Valle d’Aosta, Roccabuia, dove ci sono un santuario, una sala giochi e un’atmosfera buia. Un contesto nel quale succedono molti colpi di scena che cambieranno la vita degli abitanti di questo posto”.
Come ti è venuta l’idea di questo libro?
“Non so come, ma mentre ero in giro a presentare il mio precedente libro, ‘Cuore segreto’, mi è venuta l’ispirazione. Era il 2019. Per finirlo ci ho messo tanto tempo, tre anni abbondanti, con in mezzo anche il Covid che ha rallentato il tutto. È stato un lungo percorso, anche perché, dopo averlo scritto, ci ho messo mano diverse volte, modificando alcune parti, grazie anche al confronto con la casa editrice e con alcune persone a cui l’ho fatto leggere e che mi hanno dato dei suggerimenti. Posso dire di essere molto contento e soddisfatto del risultato”.
Tra lavoro, l’impegno da direttore sportivo della Freedom e la famiglia, quando trovi il momento per scrivere?
“Ho la sfortuna di dormire poco, per cui spesso scrivo la notte. Poi nei weekend, anche quando andiamo in trasferta con la squadra, sul pullman. Con me ho sempre un taccuino, sui cui raccolgo appunti, idee e ispirazioni che mi possono venire. Inoltre da un po’ ho un’abitudine, che cerco di non ‘saltare’ mai: scrivere sempre qualcosa prima di andare a dormire, anche solo poche righe. Perché la scrittura va allenata”.
Obbligherai le tue giocatrici a comprare il libro, ovviamente...
“No, non arrivo a tanto (ride, ndr). Non sono riuscito a farlo leggere prima della pubblicazione per un giudizio neppure a mia moglie, figuriamoci! In realtà qualche giocatrice si sta interessando, mi fa piacere. Magari ne regalerò qualche copia”.
A proposito di calcio. È un mondo che hai conosciuto da più punti di vista e che ha anche ispirato i tuoi primi libri.
“Sì, è vero, perché nel 2009 sono diventato agente. Volevo aiutare mio cugino, che giocava nella Primavera del Torino. Ho dato l’esame, passandolo al secondo tentativo, e sono entrato in quel mondo, conoscendone il peggio. A tutti i livelli: dai dilettanti alla serie A. Ho visto davvero tante schifezze, che mi hanno fatto allontanare un po’ dal calcio, anche se resto un super tifoso del Genoa e la passione, da quel punto di vista, mi è rimasta. In quel periodo annotavo tutto quello che succedeva. Un giorno ho deciso di inviare gli appunti a Chiara Beretta Mazzotta, editor che teneva una rubrica su Radio 105: mi ha consigliato di raccogliere il materiale e farne un libro. È venuto fuori ‘Procuratore? No, grazie!’. Naturalmente la mia carriera da procuratore è finita il giorno dopo, ma tanto non era il mio mondo”.
Il tuo mondo invece è diventato il calcio femminile. Come è successo?
“Sempre per colpa della scrittura. Chiara Beretta Mazzotta, che nel frattempo è diventata la mia editor, nel 2016 mi ha parlato di un progetto legato al calcio femminile. Era un mondo che non conoscevo e che ai tempi non mi attirava neppure così tanto. Per capire qualcosa di più, ho chiesto a Eva Callipo, allora presidente del Cuneo femminile, di potermi avvicinare a quell’ambiente. Loro sono stati disponibilissimi: la squadra era in B, c’era Petruzzelli allenatore. Ho passato con loro molto tempo, vivendo le fasi finali di quel campionato che ha portato poi alla promozione in A. A quel punto il calcio femminile mi aveva già conquistato e l’anno dopo sono diventato direttore sportivo della squadra”.
Cosa ti ha conquistato?
“Arrivavo da un’esperienza traumatica nel calcio e avevo finito quasi per odiarlo. Quelle ragazze mi hanno fatto riavvicinare: vedevo la loro passione, che le portava a farsi un mazzo così tra lavoro o studio e poi andare ad allenarsi la sera. Mi ha colpito il loro sacrificio, mi ha dato l’impressione di essere un calcio più genuino. Poi a me piace stare dalla parte di chi deve sgomitare per raggiungere le cose, e le ragazze devono sopportare una fatica ulteriore per il peso di un pregiudizio che non ha senso, ma che c’è ed è ingombrante”.
Chiudiamo con la Freedom: si può sognare già quest’anno qualcosa di grande?
“Siamo una società nata da poco, ma abbiamo un presidente serio e molto ambizioso. Non ci nascondiamo, vogliamo andare in serie B nel giro di due anni. Quest’anno l’obiettivo era prendere le misure con la categoria e stiamo andando oltre le aspettative. Siamo già contenti di quello che è stato fatto, ma a 7 giornate dalla fine siamo lì nel gruppo delle prime: daremo il massimo, poi tireremo le somme alla fine, senza porci limiti”.
E il tuo prossimo libro?
“Lo sto già scrivendo. Sarà ancora un noir, credo”.