Pubblicato in origine sul numero del 14 aprile del settimanale Cuneodice: ogni giovedì in edicola
I ritardi nei lavori al colle di Tenda? Sono vecchi quanto il tunnel. Per rendersene conto basta sfogliare le cronache dei giornali dell’epoca: tra vicissitudini giudiziarie, previsioni non rispettate, intoppi e recriminazioni contro Roma, sembra davvero di leggere resoconti di oggi e non di un secolo e mezzo fa. C’è perfino, somma ironia, un cambio dell’impresa appaltatrice in corso d’opera, proprio come è successo dopo il sequestro del cantiere Fincosit nel 2017 e la riassegnazione dell’appalto a Edilmaco.
Già nel 1614 il duca Carlo Emanuele I di Savoia aveva dato l’avvio alla costruzione di un passaggio nella roccia che offrisse ai viandanti un riparo dalle intemperie, ma il proposito era stato presto abbandonato. Centosessant’anni dopo il re di Sardegna Vittorio Amedeo III riprese gli scavi: era il 1 agosto del 1780. Anche in questa occasione, però, dopo circa settantacinque metri conquistati a fatica, picconi e vanghe smisero di sfidare la montagna. Resterà a testimonianza dell’opera incompiuta un’apertura oggi impropriamente nota con l’appellativo di “galleria di Napoleone”. I napoleonici comunque ci provano a loro volta, nel 1802: stavolta si scava per circa centocinquanta metri, poi nulla più. Passano sette interi decenni prima che finalmente si rimetta mano all’impresa.
Accade nel 1873, allorquando prendono il via i lavori secondo il progetto dell’ingegner Giovanni Delfino. L’imbocco nord della galleria è a 1.320 metri sul livello del mare, quello sud a 1.278,71 metri. Il tunnel ha una lunghezza di 3.149,70 metri in linea d’aria e un costo stimato di 2 milioni e 120mila lire: sull’appalto, del valore di 1.984.000 lire, verrà applicato un ribasso del 15%. Sul sito del Comune di Limone Piemonte è scaricabile, insieme ad altri utili documenti storici, una raccolta di articoli tratti dal giornale cuneese La Sentinella delle Alpi che ricostruiscono l’intera epopea, durata ben nove anni. Il 4 luglio 1873, scrive il cronista, “si diede fuoco alla parte del versante di Tenda alla prima miccia per traforare il colle di Tenda, sotto la direzione del signor impresario Comoglio Emiliano. Varie persone di Tenda hanno assistito ai primi lavori. Il primo che volle appiccare il fuoco con felice esito alla miccia fu il sig. Revello impiegato delle tasse a Tenda”. L’entusiasmo non manca e in dicembre il quotidiano dà conto del fatto che “l’impresa ritiene di poter compiere i lavori in sei anni”. Ma già nello stesso mese si registrano le prime difficoltà, causa la copiosa quantità d’acqua che fuoriesce dal versante in cui si procede più spediti, quello della val Vermenagna. La ditta appaltatrice è “costretta di tre in tre ore di dover cambiare operai, i quali escono fuori marci ancorché l'impresa li abbia tutti provvisti di vestimenta di roba impenetrabile”. Ad ogni modo gli scavi vanno avanti: nel maggio 1874 gli operai si addentrano nella montagna per “duecento e più metri”, a gennaio dell’anno successivo “si possono tanto da un versante quanto dall'altro calculare 500 e più metri di perforamento”.
La grana più grossa scoppia di lì a poco, per la precisione nell’aprile del 1875. Tra l’impresa Comoglio e il Genio Civile sorge un’aspra contesa riguardo al rivestimento della galleria. Il governo lo vuole in pietra, come peraltro è previsto dal capitolato, ma la ditta vorrebbe realizzarlo in mattoni, calcolando una spesa di quasi la metà inferiore per ciascun metro. Anche La Sentinella delle Alpi, che in precedenza non aveva risparmiato elogi a impresario e maestranze, conclude che “i mattoni non sono atti per lavori di tal sorta”, specie a fronte del pericolo di infiltrazioni d’acqua. In estate gli inviati del giornale visitano il cantiere: “Fantastico è l’inoltrarsi colà dove lavorano i minatori, pare come di penetrare nell’officina di Vulcano” scrive un certo “dottore Gauberti”. L’ingegner Delfino rende noto che l’avanzamento consta di 662 metri complessivi alla data del 16 maggio. Mentre si attende la sentenza della Corte d’Appello di Torino sulla questione del rivestimento, in ottobre il giornale lamenta che “i lavori procedono a guisa del gambero”: a novembre si scatena addirittura uno sciopero degli operai che protestano contro il mancato pagamento, ma la crisi rientra. Pochi giorni dopo il governo incarica il Genio Civile di proseguire i lavori.
Si arriva così a una sorta di “commissariamento” che fa lievitare le previsioni di spesa: da due milioni a quattro o cinque, secondo le fonti di stampa. Il governo, si sospetta, avrebbe agito in questo modo anche per poter stornare una parte della somma a favore della ferrovia Cuneo-Nizza, di cui già si comincia a parlare: “Intanto - protesta La Sentinella - sabato il Tribunale di Cuneo diede pure una sentenza contro il Governo condannandolo persin nelle spese; ma chi pagherà queste spese? Oh bella! le pagheranno i contribuenti!”. La questione dei costi diventa drammatica quando viene infine sciolto l’appalto con Comoglio, nell’ottobre 1876. Il governo infatti ha stabilito di utilizzare parte dei fondi stanziati per le spese di compensazione con l’ex appaltatore, di modo che i lavori vengono quasi bloccati: “Dopo 4 anni non si è ancora fatto un terzo del traforo che è della lunghezza di m. 3150” è l’allarme lanciato a marzo del 1877. La stampa locale non ci sta, fa presente che la Provincia di Cuneo ha già versato 400mila lire e i comuni altri 200mila, per un’opera che costa poco più di due milioni: “E il governo che spende ora somme ingenti per lavori stradali, che sta per presentare il progetto di legge per la ferrovia Reggio Eboli che costerà tanti e tanti milioni, vorrà ritardare il compimento di un'opera che è assolutamente necessaria?”.
Senza il traforo, definito “meschino ed unico vantaggio che il Governo abbia concesso a questa regione”, si rimarrebbe “senza alcuna comunicazione colla Provenza, a meno di passare per Savona, percorrendo cento cinquanta chilometri almeno in più!”. Per scongiurare lo stop agli scavi la Provincia si offre di anticipare 250mila lire, ma nella sorpresa generale il governo rifiuta: “Rammentiamo al governo - tuona il foglio cuneese - che se dispone dei milioni per favorire opere pubbliche nelle altre province, non è giusto che lesini per un’opera che avvantaggia una delle più importanti province del Regno, e che nel pagare le imposte è una delle più aggravate”. I rappresentanti politici locali riescono però a ottenere dal parlamento, nell’aprile 1878, l’approvazione delle spese per il completamento del Tenda. Il rischio di lasciare l’opera incompiuta è schivato, anzi addirittura si parla di affiancare al tunnel una funicolare, analoga alla cremagliera Sassi-Superga in fase di progettazione. Dopo varie gare andate deserte, il nuovo appalto viene assegnato il 23 giugno 1879: se lo aggiudica l’impresa Giovanetti di Ivrea. Alla mezzanotte e mezza di domenica 20 novembre 1881 avverrà finalmente l’incontro tra le due squadre dai lati opposti della galleria, salutato a Limone con il suono delle campane in festa e lo scoppio di mortaretti. La stampa ora si congratula: “Coll’apertura della galleria lunga tremila e duecento metri, - scrive La Sentinella - oltre ad evitare i gravi e numerosi pericoli, si ottiene il vantaggio di abbreviare la strada di 11 chilometri, cosicché in 12 ore, ultimata la strada di Ventimiglia e quella per Triora e Taggia, si andrà da Cuneo a Nizza”.