Quel presidio di cura nato sette secoli fa tra l’attuale via Santa Croce e i bastioni di San Francesco doveva apparire indubbiamente diverso da un moderno ospedale, eppure rappresenta il primo tassello di una storia ininterrotta che arriva fino ai giorni nostri. Ne hanno ricostruito le tappe principali l’architetto Edoardo Cavallo, il professor Giovanni Cerutti e l’ingegner Paola Arneodo nel corso del convegno sui settecento anni dell’ospedale Santa Croce tenutosi questa mattina, mercoledì 29 maggio, al Centro Incontri della Provincia di Cuneo.
All’atto di nascita, il futuro complesso di Santa Croce è solo uno dei vari ricoveri ospitati entro le mura medievali. Se ne contano ben quattro, in corrispondenza con le varie porte della città, oltre a quello fondato grazie alla donazione di Guarnerio de’ Pozzolo. Quest’ultimo è un piccolo spazio con pochi letti, forse sei o sette, che funzionerà per 120 anni: già negli anni Trenta del Quattrocento le rendite non sono più sufficienti e la struttura è in decadenza, ragion per cui il vescovo decide di accorparla con altre esistenti.
Gli stessi vecchi edifici del Guarnerio vengono venduti nel 1445 per realizzare la cosiddetta “manica gotica”, in grado di ospitare una trentina di letti, che a sua volta verrà rimaneggiata dopo i pesanti danneggiamenti subiti con l’assedio del 1557 e quindi distrutta e ricostruita nel Settecento. Il progetto di Vittorio Bruno di Samone del 1730 prevede la realizzazione di quattro maniche “a prova di bomba”, cioè in grado di sostenere attacchi militari. La costruzione viene completata solo nel 1785, con interventi di vari architetti tra cui Bernardo Vittone che disegna un nuovo progetto nel 1769. Nel corso dell’Ottocento si innervano il sistema idrico e quello fognario, mentre arrivano il riscaldamento e poi l’illuminazione: ora l’ospedale può potenziare le funzioni restando al passo con la medicina moderna, ma i clinici lamentano i troppi casi di infezione. Bisogna quindi pensare a una costruzione adatta.
A inizio Novecento l’amministrazione comunale progetta un nuovo ospedale in località cascina Lamocchia. La struttura del futuro Carle prevede 28 fabbricati, di cui due destinati ai tubercolotici: è un’opera colossale, il cui costo è stimato in 760mila lire del 1911. Nel 1914 sono già in funzione i due blocchi degli infettivi e il padiglione tubercolotici con i loro fabbricati, ma lo scoppio della guerra mondiale ferma ogni espansione. Il progetto riparte solo negli anni Trenta, dopo l’accorpamento con l’ospedaletto infantile di piazza Regina Elena nel 1930 che permette di inserire qui i nuovi reparti maternità del Santa Croce.
Il nuovo ampliamento viene di nuovo fermato dagli eventi bellici: bisognerà attendere il 1952 prima che gli amministratori comunali e sanitari uniscano i loro sforzi, individuando un terreno appartato vicino alla stazione ferroviaria. In questa sede, su progetto dell’ingegner Ferrerio, viene edificato l’attuale complesso ospedaliero tra il 1954 e il 1960: il piano originario prevede 350 posti letto, che diventeranno poi 572 durante la costruzione, per un costo complessivo di circa un miliardo e mezzo di lire.
Nel corso dei secoli l’istituzione, che fino al 1819 potrà fornire gratuitamente la sua opera grazie a centinaia di donazioni e lasciti, è diventata davvero l’ospedale dei cuneesi, facendosi motore non solo delle attività di cura e assistenza ma di innumerevoli servizi: l’assistenza agli esposti dal 1433 e fino al 1865, l’elargizione delle elemosine, i contributi per la dote delle orfane e il monte di pietà, fondato nel 1587 per combattere l’usura concedendo piccoli prestiti a tassi del 2% (l’attività è stata gestita direttamente dall’ospedale fino al 1920, quando verrà passata alla cassa di risparmio che ne assicurerà il funzionamento fino al 1985).
Vale la pena di celebrarne i sette secoli di storia citando le parole scritte nel 1919 dal dottor Felice Soleri, medico ospedaliero: “Chi volesse seguire il lavoro sanitario che si compie nel nostro ospedale” affermava il medico “resterebbe ammirato dalla sua grandiosa opera di assistenza sanitaria. È nostro orgoglio poter affermare che il nostro ospedale non ha nulla da invidiare ai migliori delle città più importanti”.