Vi abbiamo già narrato su queste colonne la vicenda di un “garibaldino fallito”, destinato a diventare uno dei nomi più celebri della letteratura italiana di fine Ottocento.
Parliamo del cuneese d’adozione Edmondo De Amicis, protagonista negli anni dell’adolescenza di un
tentativo di arruolamento nella spedizione dei Mille. Insieme a due coetanei, appena quattordicenni, il futuro autore di
Cuore cercò più volte di convincere il responsabile locale del reclutamento a lasciarlo entrare nelle schiere delle camicie rosse. Quest’ultimo però, dopo aver posticipato più volte la data della prevista partenza, avvertì le famiglie di De Amicis e degli altri due. Così la sera della prevista fuga clandestina, quando già aveva steso la corda per calarsi dal balcone, il giovanissimo Edmondo trovò la madre a distoglierlo amorevolmente dai suoi arditi propositi.
Da Genova al Mezzogiorno con l’Eroe dei Due Mondi
C’è comunque chi ebbe più fortuna dell’allora studente del liceo di Cuneo. Ad esempio Giuseppe Valle, un ragazzino che con De Amicis condivideva sia l’anno di nascita (il 1846), sia le origini liguri (era nato e cresciuto a Genova), sia la venerazione per la figura dell’Eroe dei Due Mondi e la passione adolescenziale per l’avventura. Valle riuscì a imbarcarsi da Quarto il 5 maggio 1860, insieme ai circa 1.150 volontari che formarono il primo nucleo della storica spedizione. Per quanto ciò possa sembrare incredibile non fu in assoluto il più giovane partecipante all’impresa: le cronache attribuiscono questo primato al veneto Giuseppe Marchetti, di Chioggia, che a undici anni non ancora compiuti (era nato il 24 agosto 1849) partì alla volta di Marsala assieme al padre Luigi.
In Sicilia e poi nel resto del Meridione Giuseppe Valle partecipò alle campagne del 1860 e del 1861 con l’incarico di trombettiere. Sembra che tra le camicie rosse fosse diventato presto una mascotte e che lo stesso Garibaldi si fosse molto affezionato a quel coraggioso ragazzino, armato solo della generosità e dell’incoscienza di cui si può dar prova a quell’età. Una sorta di “piccola vedetta lombarda”, per riprendere il paragone deamicisiano, la cui esperienza tuttavia ebbe una conclusione molto più felice. Il piccolo Giuseppe infatti tornò a casa indenne, proseguì i suoi studi e si laureò in ingegneria navale. A Genova intraprese una fortunata carriera lavorativa nella cantieristica e mise su famiglia: morirà nel 1920, all’età di settantaquattro anni, quasi tre lustri prima dell’ultimo reduce della spedizione Giovanni Battista Egisto Sivelli (anch’egli genovese, scomparso novantunenne nel 1934).
Ricordi di famiglia: “Mio bisnonno? Un garibaldino purosangue”
Più o meno in quell’epoca il destino della famiglia Valle si intreccia con la provincia Granda. Il figlio di Giuseppe infatti conosce una ragazza fossanese giunta nel capoluogo ligure e si innamora di lei. La seguirà nella sua città natale, stabilendosi in una casa di Borgo Vecchio dove i suoi discendenti abitano tuttora. Qui nella giornata di sabato 12 giugno 2021 il Comune ha apposto una targa commemorativa “a perenne memoria di Giuseppe Valle, valoroso garibaldino”. La cerimonia, alla quale hanno partecipato il sindaco Dario Tallone con l’assessore alla Cultura Ivana Tolardo e il senatore Giorgio Maria Bergesio, è stata fortemente voluta dai pronipoti Alberto e Silvana che custodiscono con orgoglio la memoria storica dei Valle, giunti ormai alla sesta generazione dopo quella di Giuseppe.
La signora Silvana ovviamente non ha potuto conoscere il suo illustre antenato, ma gli aneddoti sul suo conto rendono bene l’idea del personaggio: “Era davvero un garibaldino purosangue, tanto che mia nonna Anna per lui rimase sempre Anita, come la moglie del Generale!”. Nella sua abitazione genovese l’ingegnere volle esporre un grande ritratto a olio del condottiero che, appena ragazzo, aveva avuto l’onore di conoscere e accompagnare sui campi di battaglia. E fino alla fine dei suoi giorni continuò a sfoggiare la camicia rossa quando ne aveva l’occasione: esiste anche una fotografia che lo ritrae in piedi, ormai anziano, con la sua divisa dell’epoca. Volle inoltre che dopo la morte i suoi resti venissero cremati come quelli di Garibaldi e inumati nel campo dei Mille presso il cimitero di Staglieno.
Come la città di Fossano ha “adottato” la camicia rossa Valle
Da qui, su iniziativa delle due amministrazioni comunali e in accordo con gli eredi, sono stati traslati dieci anni fa nella tomba di famiglia a Fossano: un’occasione per celebrare il 150esimo anniversario dell’unità d’Italia e per onorare una figura storica la città ha in qualche modo “adottato” post-mortem. Sul sito dell’Archivio di Stato di Torino sono stati catalogati sia i partecipanti alla spedizione dei Mille che gli oltre 43mila volontari in camicia rossa che combatterono a Bezzecca nel corso della terza guerra d’indipendenza. Sono diverse decine i cuneesi e tra questi figurano almeno nove garibaldini nativi di Fossano: Giovenale Aloati, Pietro Bacchi, Lorenzo Correnti, Giacomo Curti, Vincenzo Ferrero, Carlo Galeasso, Michele Luigi Olivieri, Giuseppe Tua e Davide Valobra. A questi vanno aggiunti altri nomi tra cui i due menzionati dall’allora sindaco Francesco Balocco nella commemorazione tenuta dieci anni fa, ovvero Bartolomeo Gatti (caduto a 29 anni e ricordato con l’intitolazione di una strada in città) e Giovenale Ballatore, volontario nella campagna del 1866 contro l’Austria-Ungheria.
Il trombettiere Giuseppe Valle si può ormai considerare a tutti gli effetti un altro componente di questa ideale schiera. “Anche i nostri vicini di casa e i cittadini di Fossano lo considerano un vanto” assicura la sua pronipote, più che mai orgogliosa del suo antenato e della sua eredità spirituale: “Quando vedo la bandiera italiana mi emoziono. E penso che lo spirito patriottico possa servire al nostro Paese, soprattutto nelle difficoltà che stiamo vivendo adesso”.