ALBA - Briatore mostra dei tartufi giganti: il video finisce nel mirino dei tartufai che presentano un esposto

Il video dell'imprenditore con alcuni esemplari nel suo ristorante di Montecarlo: "Quest'anno non si trovano, noi li troviamo". L'accusa è sibillina: "Sono davvero cavati da Alba?"

Redazione 12/11/2021 10:02

I carabinieri dei Nas hanno ricevuto un esposto inerente un video, divenuto virale su Youtube, che mostra Flavio Briatore con splendidi esemplari di tartufi d'Alba per conto del ristorante Cipriani, a Montecarlo, di cui è proprietario: "Quest'anno in Italia non si trovano, noi li troviamo", dice l'imprenditore. Proprio su questo chiede di indagare il presidente dell'Associazione nazionale Tartufai italiani, Riccardo Germani, firmatario della segnalazione, presentato al comando di Milano del nucleo antisofisticazioni dell'Arma e indirizzato, per conoscenza, anche al ministro delle Politiche agricole e forestali Stefano Patuanelli.
 
Secondo Germani si configurerebbe il reato, previsto dall'articolo 517 del Codice penale, "vendita di prodotti industriali con segni mendaci": l'autore dell'esposto chiede quindi di verificare le bolle di vendita per accertare "se i tartufi siano effettivamente non solo provenienti da Alba, ma anche cavati da tartufai delle Langhe e Monferrato”. Il tutto “a tutela dei consumatori”.
 
Con la fortissima siccità dell'estate i tartufi bianchi d'Alba sono rarissimi (alla Fiera di Alba hanno raggiunto una quotazione di 600 euro all'etto) e c'è quindi il sospetto - fa notare l'Associazione nazionale tartufai - che "dietro la rete di filiera del tartufo e dei commercianti vi siano importanti aziende di commercializzazione, di trasformazione e vendita di tartufi provenienti dall'estero e venduti o trasformati come italiani".
 
Germani ricorda che l'Italia è al tempo stesso "il maggiore esportatore e il maggiore importatore di tartufi" e che ci sono "grandi aziende hanno terreni di proprietà e industrie di trasformazione in Romania, Slovenia, Austria, Bulgaria, Afghanistan, Iran, Tagikistan, Turchia, Uzbekistan".
 
L'Associazione nazionale Tartufai, infine, chiede al ministero di rivedere la legge che regola la cerca del tartufo, liberalizzandola, e di "emanare una nota urgente" per tutta la filiera e le autorità di controllo "per la distinzione tra il tartufo italiano e quello importato”.

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