Sono passati circa otto anni dall’ultima volta che abbiamo sentito parlare di una mummia dalle nostre parti. In molti ricorderanno la vicenda della “santona” di Borgo San Dalmazzo, mummificata dopo il decesso dagli appartenenti a un ristretto gruppo di preghiera, convinti che la donna sarebbe un giorno resuscitata.
Tralasciando per un momento i concetti di spazio e tempo e al netto delle differenze del caso, possiamo affermare con poco margine di errore che questa sia la stessa credenza di chi, 4.500 anni fa, preparò per l’aldilà “L’uomo svelato”. Stiamo parlando della mummia restaurata ed esposta a palazzo Mathis di Bra, primo di una stagione di cinque eventi di alto livello culturale a cura della Fondazione CRC, l’ente impegnato nella conservazione e nella valorizzazione del patrimonio storico e artistico della provincia. A curare i lavori il Centro per la Conservazione e il Restauro dei Beni Culturali de ‘La Venaria Reale’, con la collaborazione dell’Università di Torino, della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino e perfino del J Medical, il centro medico della Juventus, che ha messo a disposizione un tomografo TAC di ultima generazione.
Il reperto, oggi conservato presso il Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino, era stato ritrovato nel 1920 dalla missione archeologica diretta dall’egittologo Ernesto Schiapparelli nella necropoli di Gebelein. Agli scavi effettuati 30 chilometri a sud dell’odierna città di Luxor, sulla riva ovest del Nilo, partecipò anche l’antropologo e fondatore del Maet Giovanni Marro, originario di Limone Piemonte. L’uomo che oggi riposa in una teca non ha mai visto il Monviso, ma dopo parecchi secoli dalla sua morte è stato sgomitolato un fil rouge che in qualche modo lo lega alla nostra terra. Di lui sappiamo poco, se non che era un giovane alto circa 166 centimetri e che morì prematuramente tra i 20 e i 25 anni. L’epoca in cui visse è compresa tra il 2578 e il 2477 a.C., ovvero tra il regno di Cheope e quello di Sahura, ma con maggior probabilità nella IV dinastia: è l’epoca in cui in Egitto i re costruirono le grandi piramidi di Menfi. Sulle bende non ci sono iscrizioni che testimonino il ruolo del defunto, tuttavia gli elementi del corredo e l’imponenza della sepoltura suggeriscono che il giovane potesse essere un dignitario di rango intermedio nell’amministrazione centrale dello Stato, ma di alto grado nella gerarchia locale (il centro del potere era situato a 700 chilometri di distanza). Si ipotizza che “L’uomo svelato” potesse essere un incaricato degli affari regali, o forse il detentore di un’alta carica sacerdotale legata al tempio del posto. “Chi era? Cosa faceva? Possiamo intuirlo, ma non lo sappiamo con certezza, gli studi sono ancora in corso - spiega Rosa Boano, antropologa fisica dell’Università di Torino -. La mostra rappresenta un piccolo tassello di un mosaico che deve ancora essere composto”.
Molti altri gli aspetti tuttora oscuri, dalle malattie che potrebbero averlo portato alla morte al suo stile di vita. Informazioni che dovrebbero essere acquisite non soltanto dall’analisi dello scheletro, ma valutando nel complesso le informazioni che derivano dai tessuti e dalle pitture.
“Questa è una delle prime mummie imbalsamate, l’inizio della storia dell’Antico Egitto segna anche l’avvio delle pratiche rituali sui corpi dei defunti che portano all’imbalsamazione. - prosegue l’esperta, che ha fatto parte della squadra che da maggio a fine agosto si è occupata del restauro - Sicuramente è molto interessante studiare le mummie delle prime dinastie perché è il periodo in cui inizia la sperimentazione. Tutti conoscono le mummie imbalsamate, ma il percorso per arrivarci è durato millenni e attraversa diverse fasi: qui siamo ancora agli inizi. Si tratta quindi di un aspetto molto rilevante”.
A volte le scoperte avvengono per caso o per la meticolosità di chi si trova a lavorare su questo tipo di reperti. È il caso di Roberta Genta, coordinatrice del Laboratorio Restauro Arazzi e tessuti presso il Centro Conservazione e Restauro ‘La Venaria Reale’: “Al terzo mese (agosto, n.d.r.) la fase di restauro era praticamente finita: lavorando sotto la mummia ho trovato, incastrato sotto la schiena, un frammento di fibra di palma lungo circa 7 centimetri, risalente a 4.500 anni fa". “Un ritrovamento importante - prosegue la restauratrice - perché significa che il corpo non poggiava sul sarcofago, ma su una stuoia. Non solo: la storia degli intrecci dell’antichità è importantissima per il riconoscimento delle fibre e delle tecniche”.
È la stessa dipendente del CCR a raccontare un aneddoto sul percorso di restauro de “L’uomo svelato”. Un lavoro certosino che presenta difficoltà sconosciute all’uomo della strada, ad esempio la cautela da adottare negli spostamenti del reperto: “La movimentazione delle mummie viene studiata attraverso un protocollo: nel caso dei corpi distesi ci avvaliamo delle stesse pratiche e della strumentazione che si utilizzerebbero per un malato sdraiato in barella al Pronto Soccorso. Eventualità non praticabile con una mummia rannicchiata (come nel caso di quella ritrovata a Gebelein, n.d.r.), per la quale la movimentazione deve essere eseguita solo in orizzontale, mai dal basso verso l’alto. Per questo motivo è stata posta sopra un piano d’acciaio su misura rialzato di un centimetro, di modo che la mano dell’operatore che la spostava non andasse a toccarla”.
Il percorso espositivo a palazzo Mathis è suddiviso in quattro sale. Nella prima trovano spazio il video di presentazione della mostra e del progetto, l’introduzione al progetto espositivo con la storia e la contestualizzazione del reperto. La seconda sala è dedicata agli approfondimenti diagnostici e alle tecniche utilizzate a supporto della conoscenza della mummia, in particolare alla spiegazione sugli esiti delle analisi tomografiche, effettuate dal Centro Medico J Medical di Torino, che hanno consentito lo studio antropologico; è inoltre presente la riproduzione 3D del cranio della mummia, realizzata a partire dalle analisi e dai dati elaborati. La terza sala presenta il complesso restauro dell’apparato tessile della mummia effettuato dal Centro di Venaria, con il racconto per immagini dell’intervento e le fasi metodologiche. Tutto in approccio etico di rispetto per il reperto umano. La quarta sala, infine, è riservata all’incontro diretto ed emozionale del visitatore con la mummia esposta in una semplice teca di vetro, così da poter essere apprezzata da ogni punto di vista.
“L’uomo svelato” è visitabile gratuitamente a palazzo Mathis - nel rispetto delle misure anti Covid - fino al 12 dicembre 2021, dal giovedì al lunedì dalle ore 9 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.
“Questa iniziativa apre la nuova stagione di eventi artistici promossi dalla Fondazione CRC che da quest’anno, per la prima volta, propone una mostra nella città di Bra - dichiara Ezio Raviola, vice presidente della Fondazione CRC -. Un evento unico che permetterà di immergersi nell’atmosfera dell’Egitto antico e di esplorare i risultati delle ricerche realizzate sull’affascinante mummia grazie alla collaborazione del Centro di Conservazione e Restauro ‘La Venaria Reale’".