Quanto resiste il coronavirus sulle superfici? Quali possibilità di infettarsi ci sono? E a cosa serve davvero la sanificazione delle strade? Sono tutte domande che ciascuno di noi in questi giorni ha - comprensibilmente - visto rimbalzare tra i link dei giornali e le chat di Whatsapp.
Domande a cui però spesso non si può dare una risposta univoca, soprattutto perché esistono solo pochi dati preliminari che riguardino questo specifico virus. Il sito del ministero della Salute a questo proposito ricorda come
“le informazioni preliminari suggeriscono che il virus possa sopravvivere alcune ore, anche se è ancora in fase di studio”. Tra le bufale circolate di più c’è l’
audio diffuso attraverso Whatsapp in cui una voce femminile invita a
“utilizzare solo un paio di scarpe per andare fuori, e lasciarle fuori dalla porta di casa una volta utilizzate” perché
“sembra che il virus riesca a rimanere vivo per 9 giorni sull’asfalto”.
La questione dei ‘nove giorni’ in realtà era emersa a febbraio in riferimento a uno studio pubblicato su The Journal of Hospital Infection, ma non riguardava l’asfalto e si basava su ricerche non effettuate sul Covid-19, bensì sugli altri coronavirus umani come quelli di Sars e Mers. Gli autori, quattro ricercatori tedeschi, osservavano che i virus ‘cugini’ erano in grado di persistere fino a nove giorni su metallo, vetro e plastica e ipotizzavano che ciò potesse essere vero anche per il Covid-19.
Uno studio più recente condotto negli Stati Uniti dai National Institutes of Health (Nih) con la partecipazione delle università di Princeton e della California ha però smentito questa ipotesi. I risultati dei test di laboratorio sul coronavirus sono stati pubblicati su medRxiv, la piattaforma che permette di condividere articoli di medicina non ancora sottoposti alla revisione delle riviste. Questa nuova ricerca, ripresa in Italia dal sito
Medicalfacts di Roberto Burioni, offre i primi dati specifici circa la resistenza del Covid-19 su quattro superfici: rame, cartone, plastica e acciaio.
Ne emerge che i materiali più ‘inospitali’ per il virus sono rame e cartone. L’abbattimento completo dell’infettività viene osservato rispettivamente dopo 4 ore per il rame e dopo 24 ore per il cartone. Più persistente invece è la presenza del Covid-19 sull’acciaio inossidabile (circa 6 ore per arrivare al dimezzamento della carica infettiva e almeno 48 per azzerarla) e sulla plastica (dove il virus viene dimezzato in circa 7 ore ma sparisce solo dopo le prime 72 ore). Le tempistiche sono quindi differenti rispetto ai nove giorni ipotizzati in precedenza, ma ciò che più è importante ricordare è che solo le particelle virali integre sono in grado di infettarci se entrano in contatto con il nostro organismo: questo significa che il virus può essere presente su varie superfici nelle stanze di degenza, ma non è detto che sia infettivo.
Dopo aver testato la persistenza sulle superfici i ricercatori americani si sono spinti oltre, spruzzando il virus sotto forma di aerosol in un ambiente chiuso. È stato così possibile verificare che le particelle restano in sospensione fino a tre ore. Anche a questo riguardo, però, gli autori dello studio formulano un’avvertenza da tenere presente: le condizioni controllate in laboratorio non rispecchiano quelle del mondo reale, dunque non dimostrano che sia possibile ammalarsi soltanto respirando in un ambiente dove in precedenza era stata un’altra persona infetta. L’aerosol inoltre è formato da particelle più piccole e leggere rispetto a quelle del ‘droplet’ prodotto da tosse e starnuti, che invece precipita più in fretta. Un’altra ricerca comparsa su bioRxiv, condotta da studiosi cinesi a Wuhan, aveva provato ad esempio che l’aria nelle terapie intensive era più pulita rispetto alle rilevanti concentrazioni del virus che si trovavano in alcune aree dell’ospedale dove il personale sanitario staziona senza mascherina, come gli spogliatoi.
La sanificazione delle strade è utile oppure no?
Veniamo al tema della sanificazione delle strade che tanto ha fatto discutere anche nella nostra provincia. Ciò che bisogna tenere presente è che un rilevante veicolo di trasmissione del virus è quello ‘indiretto’ attraverso le mani: se tocchiamo superfici contaminate corriamo quindi il rischio di infettarci toccando bocca, naso o occhi.
Proprio in base al fatto che “le pavimentazioni esterne non consentono interazione con le vie di trasmissione umana” l’Arpa piemontese ha sconsigliato di spruzzare ipoclorito di sodio all’aperto sul manto stradale. L’ipoclorito, componente principale della candeggina, è anche un inquinante che nel tempo potrà contaminare le acque di falda: insomma, osserva l’agenzia regionale, rischia di essere dannoso per l’ambiente senza però risultare di alcun giovamento per l’uomo nella prevenzione del contagio.
Quanto a quest’ultimo punto, conviene tenere presente piuttosto ciò che consiglia l’Istituto Superiore della Sanità, sottolineando che l’utilizzo di semplici disinfettanti è in grado di uccidere il virus e annullare la sua capacità di infettare le persone: “Ricorda di disinfettare sempre gli oggetti che usi frequentemente (il tuo telefono cellulare, gli auricolari o un microfono) con un panno inumidito con prodotti a base di alcol o candeggina (tenendo conto delle indicazioni fornite dal produttore)”.